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«Dalle sconfitte bisogna imparare, invece non abbiamo ancora capito nulla di nulla di quella epocale del 4 marzo». Antonio Bassolino, dirigente del Pci e storico sindaco di Napoli che ha visto sfilare prima e seconda Repubblica, oggi guarda la terza scuotendo la testa. Ma non rinuncia ad aggiungere un «eppure», se la sinistra decidesse di tornare a competere sul piano delle idee. E, per farlo, rispolvera la parola d’ordine che lo ha accompagnato per tutta la sua carriera: «Passo dopo passo» .
Che fare, dunque?
Bisogna smuovere le acque, ferme da troppo tempo. Guardiamoci in faccia: il 2018 è stato un terremoto, uno spartiacque della storia politica italiana, e niente sarà come prima. Questo è il punto, troppo sottovalutato: il Pd ha perso 6 milioni di voti rispetto al 2008 ed è piombato al 18%, Leu è arrivato a malapena al 3%. Eppure si sono sprecati gli ultimi dieci mesi, senza che si proponesse una vera riflessione politica, per capire le ragioni e correggere gli errori. Eppure, le grandi città avevano suonato campanelli d’allarme ben prima.
Si riferisce alle comunali?
Ma certo. Avevamo perduto a Roma e Torino, a Napoli il Pd aveva subito l’umiliazione di non andare nemmeno al ballottaggio. Invece niente, ci siamo buttati a capofitto in una battaglia referendaria con una impostazione sbagliata che univa molte forze contro il Sì. La sconfitta nelle città doveva metterci in allarme per ragioni politiche e storiche: la sinistra ha sempre avuto il suo punto di forza nelle grandi città, anche quando le vicende politiche nazionali erano difficili. Dalle grandi città si ripartiva sempre, per riprendere il cammino. Invece, nulla, nè nel Pd nè in Leu.
Ora il Pd va a congresso, servirà?
La sinistra è rimasta forse troppo a lungo tramortita, senza reagire e senza riflettere. Senza congressi veri in senso classico, con documenti e testi di riflessione per chiamare i militanti, gli elettori e i cittadini insieme ai dirigenti. Nulla di nulla per mesi e mesi, e solo ora si va a primarie. Intanto, però, sia i sondaggi che la percezione quotidiana confermano che, in questi mesi, i risultati negativi del 4 marzo sono rimasti invariati.
Anche Lega e 5 Stelle non si sono mossi molto.
Hanno avuto alcune variazioni interne, soprattutto in favore della Lega, ma comunque si attestano intorno al 60%. Tre volte più di noi. È un fatto politico senza precedenti e sono sconcertato che non abbia prodotto e non produca reazioni, sentimenti. qualcosa...
La Lega cresce ora punta ad allargarsi al sud, crede ci sia spazio?
Lo spazio c’è nella realtà e la Lega sta cercando di coprirlo. Ha due punti di forza, per farlo: i suoi cavalli di battaglia nazionali anti- immigrazione e securitari, il suo presentarsi come forza anti- élite fanno presa, ma soprattutto ora è importante forza di governo.
Questo cosa significa?
Che la sua crescente forza di governo attira a sè molti vecchi gruppi meridionali, che si spostano verso ciò che individuano come il nuovo potere.
Intanto la sinistra è al palo. E’ d’accordo con la riflessione di Prodi, secondo cui mancano sia idee che leader?
Io penso che manchino soprattutto le idee. È sulle idee che dobbiamo concentrarci. Poi i leader si formano, proprio nella battaglia delle idee. Cerco dunque di leggere in positivo l’esigenza di Prodi e spero in una nuova generazione, che si formi nel confronto politico alto. E non c’è dubbio che la prossima battaglia campale saranno le europee.
Le piace il progetto europeista di Calenda?
Ne colgo l’intento positivo di smuovere le acque, con una ispirazione larga. Per questo, cercherei di mettere l’accento sui contenuti, prima di tutto.
I tempi sono stretti, però.
Uso la parola d’ordine che mi ha accompagnato da sindaco: passo dopo passo.
Lei continua a parlare di necessità di riflettere sul passato, ma la sensazione è che la politica ormai sia molto più veloce.
Però la sinistra italiana ora ha davanti una strada in salita e, per salirla, è determinante riflettere sulla portata della chiusura di un ciclo lungo 25 anni. Certo, la riflessione va accompagnata alla battaglia politica in Parlamento e nel paese, ma servono l’una e l’altra, senza false contrapposizioni. La sinistra non sale la scarpata se non poggia su tutte e due le gambe. Ecco, mi auguro che nel Pd e in altre forze democratiche e di sinistra ci si muova su entrambi questi piani, in vista delle elezioni europee.
Eppure sembra che anche su questo manchi un’idea progressista forte.
Le indico due temi. Uno è quello del nuovo welfare europeo: noi siamo stati la patria del welfare e ci dobbiamo cimentare con questo, mettendo insieme le migliori esperienze di tutti nel campo delle politiche sociali, affermando una visione d’Europa diversa da quella che i cittadini hanno avuto in questi anni. La nostra sfida dovrebbe essere quella di andare oltre i principi liberisti che hanno segnato a livello internazionale una lunga stagione politica.
E il secondo?
L’apertura dell'Europa al Mediterraneo. Non è mai stata fatta, per questo il Mediterraneo è diventato nella realtà e nell’immaginario il mare dei problemi e dei guai che ci arrivano. Invece in Africa si gioca una partita decisiva, come hanno capito gli Stati Uniti e la Cina, che in l’Africa coniuga investimenti giganteschi a presenza politica.
Basterà?
Intanto cominciamo, passo per passo, cercando di far crescere la giusta ispirazione, più larga e innovativa possibile, mettendo insieme le forze in ottica europea. Poi, usando l’arma della politica e della discussione del merito, riusciremo ad andare avanti.
Vale anche a livello nazionale?
Certo. Prenda il reddito di cittadinanza. Io penso che sia assurdo chiedere di raccogliere firme per referendum contro. È vero che la norma è piena di contraddizioni, però ha un’anima che appartiene anche alla nostra cultura. Dovremmo fare una battaglia per migliorare la proposta. Ma, soprattutto, essere sempre capaci di distinguere le proposte della maggioranza che sono da modificare, da quelle invece che bisogna avversare in modo deciso.
Come il decreto sicurezza?
Lo spettacolo dei migranti lasciati in mezzo al mare per giorni e giorni è stato inaudito. Il tema della migrazione, però, riguarda ciò che le dicevo prima sull’Africa. I migranti devono essere tema europeo e proprio la lotta contro l’inerzia dell’Ue deve essere una delle nostre sfide. Per quanto riguarda la situazione italiana, le porto l’esempio di Napoli. Se lei arriva a Napoli in stazione, la sera, e passeggia nel quartiere del Vasto, si rende conto che c’è stato un errore nella concentrazione di un numero esorbitante di migranti in quel luogo. Invece, una diversa distribuzione su territorio avrebbe di gran lunga attenuato la tensione sociale. Servono, poi, serie politiche di integrazione. Significa, in una parola, fare politica.
Una parola che oggi trova pochi interpreti?
Bisogna comunque impegnarsi perchè, se si innesca il circuito giusto basato sulla riflessione politico- culturale sui cambiamenti in atto, i risultati arrivano. Servono iniziativa politica e parlamentare, opposizione seria e capacità di distinguere nel merito, senza mettere tutti nello stesso sacco. Infine, serve un rinnovamento nelle forze politiche, unico modo di rafforzarle.
Leggo una nota positiva.
Io sono profondamente convinto che le cose possano cambiare e che la politica sia in grado di spostare le montagne. In questi anni, lo spostamento è stato a vantaggio dei nostri avversari, ma non è detto che il vento non possa cambiare.
Ne è davvero convinto?
Ricordo quando, nel 1993, fui eletto sindaco di Napoli, insieme a Rutelli a Roma e Cacciari a Venezia. Poco dopo arrivò Silvio Berlusconi e il suo sembrava un successo inarrestabile. Invece, nel 1995, nacque l’idea politica dell'Ulivo, che lo sconfisse. Ecco perchè le idee contano.