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Maria Masi
Adesso è tempo di schierarsi «dalla parte della Costituzione». Di allontanare i magistrati dalla «attrazione fatale con il potere esecutivo e con quello legislativo». E di «ricostruire un rapporto equilibrato tra istituzioni» anche con il riconoscimento «alla avvocatura italiana» della propria «funzione riequilibratrice delle funzioni e dei poteri». Di fronte alla terribile crisi culminata ieri con l’espulsione di Luca Palamara dall’Anm, il Cnf compie una scelta forte, definitiva: si rivolge al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in una lettera firmata dalla presidente facente funzioni Maria Masi, affinché incoraggi l’intero sistema a una svolta vera: salvaguardare, appunto, la «autonomia e indipendenza» della magistratura e riconoscere «costituzionalmente» la «funzione dell’avvocatura». «Signor Presidente», esordisce Maria Masi nella lettera inviata ieri al Capo dello Stato, «il Consiglio nazionale forense fa propria la manifestata preoccupazione per la crisi politica e istituzionale, senza precedenti, nella quale si sta dibattendo la magistratura a seguito dei recenti fatti di cronaca. Da lungo tempo, troppo», osserva la presidente del Cnf, «l’autonomia e l'indipendenza di cui gode la magistratura appaiono vulnerabili ogni qual volta i magistrati risultino coinvolti in situazioni non degne del ruolo e della funzione da loro ricoperti». Situazioni evidentemente dovute, nota appunto la massima istituzione forense, alla «attrazione fatale con il potere esecutivo e con quello legislativo», ma anche alla «difficoltà della politica di arginare questo fenomeno, invero unico nelle democrazie occidentali». Il punto, riflette Masi nella lettera al presidente della Repubblica, è che tali anomalie «rischiano di minare le fondamenta del principio della separazione dei poteri, con evidenti danni alla credibilità della Giurisdizione, a scapito non solo della comunità civile, ma anche dei magistrati e delle magistrate che, silenziosamente, ogni giorno, con abnegazione, compiono il proprio dovere di servitori e servitrici dello Stato, e che sono la stragrande maggioranza». «Questi», prosegue la presidente del Cnf, «sono i giudici che i cittadini meritano, questi sono i giudici che l’Avvocatura italiana rispetta. Questi sono la pietra d’angolo sulla quale ricostruire un rapporto equilibrato tra Istituzioni». Fino alla richiesta che Mattarella valuti l’importanza e la necessità, proprio in una fase del genere, di una riforma che riconosca il rilievo costituzionale della professione forense: «È anche tempo che all’Avvocatura italiana, che così tanti sforzi sta compiendo per resistere ai tentativi di avvilire o peggio svilire il ruolo insostituibile della difesa dei diritti, sia riconosciuta costituzionalmente la funzione riequilibratrice delle funzioni e dei poteri». «Signor Presidente della Repubblica», è la conclusione della lettera, «l’Avvocatura è pronta a collaborare per la riscrittura delle regole e guarda a Lei con fiducia, schierandosi senza riserva alcuna, ancora una volta e sempre, dalla parte della Costituzione». Una fase nuova, dunque, in cui il Cnf chiede, attraverso la figura garante dell’unità nazionale, che la avvocatura possa avere una parte attiva, in nome del carattere unitario che segna anche la giurisdizione, e che è il solo baluardo a cui aggrapparsi per mettere in salvo il sistema.