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Come il caso Cappato: «Un anno di tempo per intervenire con una nuova disciplina della pena detentiva prevista in caso di diffamazione a mezzo stampa». Un anno dato dalla Corte costituzionale al Parlamento per cambiare le norme e accantonare l’ipotesi del carcere ai giornalisti, come già sembrano intenzionati a fare sia le Camere sia lo stesso governo. «Una prima storica vittoria», esulta, interpellato dal Dubbio, il presidente dell’Ordine dei giornalisti Carlo Verna. Secondo il giudice delle leggi, dunque, il legislatore deve fare in fretta. Trovare una soluzione. Complessiva, che ridefinisca il quadro delle sanzioni per il cronista responsabile di diffamazione.
Ci sono analogie, molte, con la questione del fine vita, del reato di aiuto al suicidio, sul quale alla fine la Consulta ha dovuto intervenire per depenalizzare condotte come quella di Cappato nella tragica vicenda di Dj Fabo. Anche su una così delicata materia la Corte aveva dato al Parlamento un anno esatto per riconsiderare la disciplina. In quel caso l’anno è stato sprecato, la legge non è arrivata, e c’è stata una “supplenza” della Corte costituzionale. «Stavolta», dice Verna, «mi sembra che ci siano le condizioni per approvare una legge complessiva, che intervenga anche sulle querele temerarie e altri aspetti». E in effetti, nel comunicato del proprio ufficio stampa, Palazzo della Consulta inserisce un passaggio dal significato chiaro: «Poiché sono attualmente pendenti in Parlamento vari progetti di legge in materia» , la Corte, «nel rispetto della leale collaborazione istituzionale, ha deciso di rinviare la trattazione delle questioni all’udienza pubblica del 22 giugno 2021, per consentire alle Camere di intervenire con una nuova disciplina». Sono proprio il riferimento ai «vari progetti di legge» all’esame del Parlamento, in particolare del Senato, a legittimare l’esultanza di Verna. Si tratta di proposte che tendono non solo all’abolizione della pena detentiva per il cronista, ma anche alla penalizzazione di chi avanzi una querela «al solo fine di intimidire l’autore dell’articolo», che sarebbe condannato a pagare una sanzione pari ad almeno un quarto della somma reclamata per la presunta diffamazione.
Nel comunicato, la Corte ricorda che le questioni esaminate ieri sono state sollevate dai «Tribunali di Salerno e di Bari». Quei giudici avevano ritenuto non manifestamente infondate le riserve sulla legittimità costituzionale della pena detentiva prevista in caso di diffamazione a mezzo stampa, «con riferimento, in particolare, all’articolo 21 della Costituzione e all’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo». La Corte, fa sapere l’ufficio stampa «in attesa del deposito dell’ordinanza previsto nelle prossime settimane», ha rilevato che «la soluzione delle questioni richiede una complessa operazione di bilanciamento tra la libertà di manifestazione del pensiero e la tutela della reputazione della persona, diritti entrambi di importanza centrale nell’ordinamento costituzionale».
Al di là delle connotazioni specifiche, che saranno desumibili solo dalla lettura dell’ordinanza «è importantissimo», nota Verna, «che la Corte abbia detto: così certamente non va. Non solo, perché il riferimento alla necessità di un complesso bilanciamento chiama in causa tanti altri aspetti. Oltre a quello delle querele temerarie anche quello, per esempio, di una pena per il giornalista eventualmente responsabile che, seppur solo pecuniaria, sia ragionevolmente commisurata alle tasche del condannato. E qui», riflette a caldo il presidente dell’Ordine dei giornalisti, non a caso proveniente da una rara formazione giuridica, «è tutt’altro che irrilevante il riferimento alla Corte di Stasburgo». Riferimento in effetti esplicito, perché la nota di Palazzo della Consulta ricorda come «una rimodulazione» del «bilanciamento» fra libertà di stampa e tutela della reputazione, sia «ormai urgente alla luce delle indicazioni della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo».
Non certo irrilevante - osserva ancora un presidente dei giornalisti che con il collegio difensivo guidato da Giuseppe Vitiello si è battuto anche perché l’Ordine fosse legittimato a intervenire nella causa - «è anche il passaggio in virtù del quale, in attesa delle iniziative parlamentari e della futura sentenza costituzionale, restano sospesi i procedimenti penali nell’ambito dei quali sono state sollevate le questioni di legittimità appena discusse. Un sollievo», ricorda Verna, «che si potrà riverberare evidentemente anche sulle vicende processuali di tanti altri colleghi. E di cui, finalmente, noi giornalisti possiamo gioire. Tutti».