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Il presidente della commissione Giustizia del Senato Nico D'Ascola
Due sentenze delle sezioni unite, depositate nelle giornate di ieri e di lunedì scorso, avevano annullato le pronunce del Consiglio nazionale forense sulle elezioni degli Ordini degli avvocati di Latina e Bari. Con la doppia decisione, la Cassazione aveva anche annullato entrambi i procedimenti elettorali. Si è trattato di fatto dell’estrema conseguenza di quanto sancito dal Tar, e cioè che il regolamento ministeriale delle elezioni forensi era illegittimo in due passaggi. La situazione sembrava divenuta particolarmente ingarbugliata, visto che quelle norme elettorali bocciate dal giudice amministrativo nel giugno 2015 non erano state ancora rimpiazzate, e non sarebbe stato dunque possibile eleggere i nuovi Consigli dell’Ordine né a Latina né a Bari. Diventa perciò provvidenziale l’accelerazione promossa dai senatori della commissione Giustizia, che già entro questa settimana potrebbero approvare una riforma elettorale forense in sede deliberante. A breve l’avvocatura dovrebbe dunque disporre di un quadro di regole chiaro per eleggere i rappresentanti di ciascun foro. «Apprendiamo con soddisfazione dell’iniziativa parlamentare», commenta il presidente del Cnf Andrea Mascherin, «e ci auguriamo che dopo il voto a Palazzo Madama anche la commissione Giustizia della Camera possa approvare in sede deliberante le nuove regole». Di fatto l’ultima parola pronunciata dalla Suprema corte aveva reso assolutamente necessario uno sforzo da parte del legislatore. Con le decisioni del 31 gennaio e di ieri, infatti, le sezioni unite avevano annullato le due sentenze del Cnf sui casi di Latina e Bari: l’estate scorsa il Consiglio forense, in sede giurisdizionale, aveva rigettato i ricorsi di associazioni e singoli avvocati contro le elezioni dei Consigli degli Ordini nelle due città. Secondo i ricorrenti il voto andava annullato in entrambi i casi, visto che nel giugno 2015 il Tar aveva accolto le impugnative sul regolamento elettorale. Secondo il tribunale amministrativo, erano da ritenersi illegittimi gli articoli 7 e 9, che consentivano agli elettori di indicare un numero di preferenze anche pari a quello dei consiglieri da eleggere, a condizione di rispettare l’equilibrio di genere, e alle liste di presentare un egual numero di candidati. Secondo Il Cnf, il giudizio del Tar non poteva applicarsi né al caso di Latina né a quello di Bari in quanto successivo allo svolgimento delle elezioni: andava innanzitutto tutelato il legittimo affidamento degli avvocati recatisi alle urne. Rispetto alle due posizioni in campo, le sezioni unite hanno stabilito che il Cnf avrebbe dovuto tenere conto delle sentenze amministrative sul regolamento, divenute nel frattempo definitive, anche in virtù del fatto che il Consiglio nazionale forense stesso deve considerarsi legittimato a disapplicare gli atti amministrativi, qual è appunto il regolamento ministeriale sulle elezioni forensi. Dal rischio di un vuoto normativo e di una paralisi elettorale, si arriva dunque all’accelerazione del Senato. Che può davvero risolvere il nodo, visto che stavolta il sistema elettorale degli avvocati sarà definito non più da un decreto ministeriale ma da una legge vera e propria.