«Il Pd ha deciso di fare una legge da solo fottendosene di tutto l’arco parlamentare, soprattutto delle maggiori forze politiche». Danilo Toninelli, ideatore delle leggi elettorali pentastellate e membro della commissione Affari costituzionali della Camera, commenta così il nuovo testo depositato dai dem: metà parlamentari in collegi uninominali e metà con metodo proporzionale senza meccanismo di scorporo. «Una legge costruita insieme a quei partitini, prima definiti cespugli da Renzi, che gli consentiranno di portare a casa il miglior “Aticinquestellum” che ci possa essere».

Perché siete convinti che questa legge vi penalizzi?

Perché i collegi uninominali, con dietro le coalizioni, prevedono un’accozzaglia dietro un’unica persona da candidare. Significa che metteranno insieme la qualunque per battere il Movimento 5 Stelle.

Ha ragione dunque chi sostiene che vi manca “personale politico” capace di competere sui territori?

Falso. Noi siamo forti a livello territoriale e lo abbiamo dimostrato durante la campagna referendaria: una battaglia condotta e vinta esclusivamente da noi. Il problema è il sistema di potere locale, fatto di clientele, di collusione, di corruzione - da cui noi siamo estranei - che gestirà i collegi: le mafie, le corporazioni, i poteri economici. Sarà questo il criterio che spingerà i voti e sarà facile entrare nelle case degli italiani promettendo loro qualcosa.

Se il rischio che lei segnala fosse concreto, però, varrebbe anche per il sistema delle preferenze che voi avete sempre sostenuto...

È vero, ma questa è l’estremizzazione delle criticità delle preferenze. Infatti noi avevamo inserito nella nostra proposta di legge, il Democratellum, il sistema delle preferenze negative: invece di selezionare il nome da votare, il cittadino avrebbe avuto la possibilità di cancellare dalla lista il candidato ritenuto non degno. In questo modo avremmo annacquato gli aspetti negativi delle preferenze. Con la proposta del Pd sono invece immodificabili perché voti la persona e contestualmente il partito: è il candidato che si mangia il simbolo, non viceversa. Dunque, se hai in lista un ex sindaco, un ex asses- sore, il presidente di un’associazione importante, il membro del cda di una partecipata, il direttore dell’Asl che garantisce posti di lavoro e così via tieni in mano le fila del discorso. Non dimentichiamoci che il Pd amministra la maggior parte dei Comuni italiani: un sistema di potere utile a ricattare gli elettori che, impoveriti dalla crisi, saranno disposti a concedere il voto per un tozzo di pane.

Difficile trovare un sistema capace di scongiurare completamente questo tipo di rischio. Al momento, comunque, stiamo parlando solo di una proposta. È sicuro che il Pd abbia i numeri al Senato per far passare la legge?

Renzi vuole portare a casa la legge ideale per lui, quella che gli consente di imporre i suoi nomi in Parlamento e di garantirsi la gestione delle coalizioni come dominus. Come farà a passare la legge? Il Pd abbasserà al 3 per cento la soglia, assicurandosi i voti di Alfano a Palazzo Madama, e poi farà una compravendita di senatori in perfetto stile berlusconiano. Le probabilità che passi sono molto alte.

È una sensazione o ha notato movimenti strani in Commissione?

Alla Camera ancora no, bisognerà vedere cosa accadrà in Commissione al Senato. Ma basta sapere che la proposta di legge avanzata dal Pd riprende i principi base del Verdinellum per farsi un’idea. Non gli servono grandi numeri per farla passare. Sarà sufficiente garantire una dozzina di collegi buoni a qualcuno - del Misto o semplici voltagabbana per portare a casa il risultato. Questa proposta diventerà legge grazie a dei partiti che in realtà non esistono.

Ma abbassare la soglia d’ingesso non va contro gli interessi del Pd?

A loro non interessa più questo aspetto, stanno ragionando sulle coalizioni. Se riescono a gestire la distribuzione dei collegi gli importa poco abbassare lo sbarramento dal 5 al 3 per cento, avranno comunque degli “yes man” in Parlamento. L’importante è bloccare i 5 Stelle. Faccio un esempio, a Pomigliano, nel collegio di Luigi Di Maio, metteranno in piedi una grande coalizione per batterlo. Non escludo che possano addirittura schierare un unico candidato comune centro destra e centro sinistra.

Addirittura?

Sì, in una competizione a livello locale non è da escludere. Loro non hanno come noi l’obbligo di candidarsi solo nel collegio di residenza, vanno dove vogliono. E in Campania i collegi li gestirà De Luca, uno che nel suo partito ha portato ex di qualsiasi forza politica.

Se la Lega non sostenesse la proposta dem tutto sarebbe più complicato per Renzi. Perché al Carroccio adesso piace questa legge?

La Lega fino a una settimana fa sosteneva il nostro Legalicum. Hanno cambiato idea perché hanno capito che a loro questa legge conviene. Siamo di fronte a un maggioritario spinto, più del Mattarellum originale che prevedeva lo scorporo. È un sistema perfetto per i partiti molto forti a livello locale. La Lega si frega le mani: col 10 per cento dei voti porta a casa quasi duecento parlamentari.

Nel gioco degli schieramenti, il Movimento 5 Stelle fa asse con Forza Italia sulla legge elettorale. State studiando una strategia comune?

Forza Italia sostiene il nostro Legalicum non in virtù di un accordo, sta sposando con noi una battaglia per fermare una legge scritta da un certo Verdini su misura di Renzi.

Non è strano che il M5S faccia le barricate per sostenere il tanto vituperato Italicum, anche se nella versione rivista dalla Consulta?

Noi siamo andati oltre l’Italicum legalizzato, abbiamo rilanciato la versione della legge corretta dal Pd e depositata in Parlamento dall’onorevole Fragomeli: soglia del 37 per cento per accedere al premio di maggioranza e doppio turno tra i partiti più votati. Ma Renzi ha di fatto ritirato la proposta del suo partito.

Insomma, possiamo dire che era meglio tenerci il Porcellum?

Non possiamo dirlo perché era incostituzionale. Certamente possiamo dire che avrebbe garantito la possibilità ai cittadini normali di fare politica.