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matteo renzi luca palamara
È scontato dire che a Matteo Renzi la mossa del cavallo piace. Ci ha fatto il titolo del suo ultimo libro, ma in filigrana vi si scorge la metafora di un atteggiamento, il simbolismo di una strategia, la scelta di uno stile di vita. Se gli si chiede come sta, la risposta è disarmante per uno che ha lo stigma del guastafeste: «Benissimo, grazie. Sono in una fase molto bella della mia vita. Sono già un ex, vedremo che succederà. L'esperienza insegna che i tempi sono diventati velocissimi. Quanti dicevano: Renzi governerà trent’anni. Sono stati 3. Salvini altri trenta: sono stati dodici mesi. Ecco, in politica, come nella vita, può succedere di tutto: io eviterei le esagerazioni. Godiamoci il tempo presente».
Presidente Renzi, l’Anm ha espulso Luca Palamara. Secondo lei è sufficiente per far recuperare credibilità e attendibilità alla magistratura?
«Se pensano di cavarsela così significa che non hanno capito la gravità della crisi di credibilità che li riguarda. Credo che sia un provvedimento ingiusto e alla lunga perfino controproducente per i magistrati che immaginassero di chiuderla così. Il sistema delle correnti nasce da prima di Palamara, prosegue con lui, sta continuando nel dopo Palamara. E ciò che forse sarebbe davvero necessario è impostare un ragionamento scevro da ipocrisie. Che permetta di andare fino in fondo per capire cosa funziona e cosa no. Per intenderci: molte delle nomine che sono state fatte con il sistema delle correnti sono risultate nomine comunque di prim’ordine. Non tutte, ma molte sì. Non è vero dunque che il sistema delle correnti premia sempre i peggiori. No, ci sono dei signori procuratori della Repubblica che sono bravissimi e che meritano il massimo rispetto: espressione appunto del meccanismo delle correnti. Ce ne sono altri, invece, diciamo meno bravi ma lo stesso premiati in ragione soprattutto della loro “appartenenza”. Pensare che questo decennale meccanismo sia attribuibile alle sole cene di Palamara è poco più che una barzelletta».
Dunque: correnti sì o no?
«Se io fossi Luca Palamara, conserverei con grande attenzione le chat di quando era presidente dell’Anm e parimenti conserverei le chat del periodo tra il 2014 e il 2018, quando era uno dei dominus del Csm. Sarebbe senz'altro interessante capire le ragioni di tante nomine che si sono susseguite in quel periodo. E certo non era solo il dottor Palamara ad andare a cena con i politici. Di tutti i partiti, peraltro. Perché facciano notizie solo le cene con Lotti e con Ferri e non altre è un mistero buffo che prima o poi qualcuno dovrà chiarire. Non suoni come una provocazione: sono certo che se Palamara decidesse di mostrare le sue chat del periodo 2014- 2018 o quelle precedenti di quando era presidente dell’Anm, lo spaccato che ne emergerebbe sarebbe ricco di sorprese».
La magistratura procederà secondo le proprie scelte. Ma la politica che deve fare? Quale compito le spetta per assicurare una giustizia imparziale e veloce?
«Io sono stato l'unico ad intervenire in aula al Senato sostenendo che la politica deve rifiutare il ruolo di supplenza che la debolezza dei partiti potrebbe assegnare a parte della magistratura. La dico così: se le intercettazioni dei magistrati che escono adesso fossero uscite da colloqui di esponenti politici, molti dei politici per quelle stesse telefonate sarebbero stati indagati per traffico di influenze e mediaticamente distrutti sui giornali. È evidente che la politica ha il compito di assumere una posizione non subalterna alla magistratura ma assai rispettosa di essa: questo perché ci sono migliaia di giudici perbene che indipendentemente dalla corrente nella quale si riconoscono fanno bene il proprio lavoro. E hanno il diritto - e direi il dovere visto come funzionano le nostre istituzioni - di essere messi nelle condizioni di svolgere al meglio il loro compito.
Guai a fare di tutta l’erba un fascio. Io ho detto quello che pensavo dell’azione di alcuni procuratori della repubblica di Firenze in Senato, nella sede istituzionale, con parole di rispetto ma con una critica politica, costituzionalmente garantita. In privato tutti mi danno ragione ma poi in pubblico nessuno ha il coraggio di dire la verità perché la preoccupazione per le reazioni della magistratura prevale. Io non ho paura perché credo che le proprie idee siano più importanti di tutto. Per esse è giusto combattere e la politica è lo strumento per affermarle.
Quanto ai rapporti politica- giudici, diciamoci la verità: finché c’è il Csm che è organizzato nel modo che vediamo, la contiguità tra certa politica e certa magistratura è sicura. Il vicepresidente del Csm, comunque si chiami, non arriva lì dopo aver vinto un concorso. È il frutto di un accordo tra partiti e correnti. Farlo presente significa semplicemente dire la verità. Negarlo e fare le verginelle oggi significa vivere nell’ipocrisia.».
E la riforma del Csm che il ministro Bonafede vuole portare in Consiglio dei ministri, risolverà il problema?
«Diciamo che quella riforma non rompe il legame correntizio. Secondo me non funziona. Piuttosto vorrei che ci fosse la serenità per poter parlare di giustizia e politica senza anatemi reciproci. Purtroppo per mille motivi da 25 anni risulta impossibile».
Per colpa di chi, presidente?
«Io dico questo. Che con Tangentopoli si è sostituita una intera classe politica a colpi di avvisi di garanzia e di processi. Poi c'è stata una fase in cui un pezzo della politica ha attaccato i magistrati e un pezzo della magistratura ha attaccato alcuni politici. Per come la vedo io, la situazione è più complessa. Se c'è un procedimento si va nei processi e ci si difende lì rifiutando il giustizialismo di chi emette le sentenze sulla base dei social, dei media o di indagini appena iniziate. Penso sia fondamentale recuperare una dimensione pacificata nel rapporto tra politica e magistratura. Ci riusciremo? Non lo so. La novità è che per la prima volta da anni l’opinione pubblica non crede più al racconto: giudici eroi, politici ladri. La verità è più complessa e finalmente si sta facendo strada. Penso che presto si potrà iniziare a parlare civilmente anche di separazione delle carriere.».
Garantisti con gli amici, giustizialisti e manettari con gli avversari: la fiera dell'ipocrisia. Come se ne esce?
«Beh, questo riguarda soprattutto i Cinquestelle. Noi siamo stati garantisti con tutti, avversari compresi. L’ho confermato in Parlamento salvando Bonafede sulla sfiducia. Per mille motivi, anche di natura personale, non era semplice per me. Ma l'ho fatto ritenendo fosse giusto. Italia Viva ha un pedigree di garantisti veri. Per me il punto fondamentale è spiegare che il garantismo è la democrazia, il giustizialismo è la dittatura. Nel mio libro ho dedicato un intero capitolo per criticare coloro che mettono sullo stesso piano garantismo e giustizialismo».
Allora andiamo più sul concreto. La legge sulla prescrizione volete davvero cambiarla oppure è tutta una finta?
«La questione è semplice: l’abolizione della prescrizione è una follia. E lo è a maggior ragione perché può costringere qualunque cittadino a vivere esperienze kafkiane. L’obiettivo è garantire ad ogni cittadini la possibilità di una difesa effettiva. La legge sulla prescrizione è figlia di una visione giustizialista a mio avviso profondamente sbagliata che mina un pilastro della civiltà giuridica del nostro Paese. Di conseguenza, piaccia o non piaccia, anche se non è un tema impellente perché gli effetti si vedranno tra anni, verrà cambiata. Se non c’è una urgenza tecnica, esiste l'urgenza politica. Speriamo che il tavolo di lavoro verrà organizzato al più presto».
Magari volete solo creare un problema al governo...
«Veramente noi agiamo come Mr. Wolfe: i problemi cerchiamo di risolverli».
Allora la metto in questo modo: il governo Conte, per come è composto e per le dinamiche che lo agitano, è un grado di affrontare con successo la bufera economica che già si mostra e precipiterà in autunno?
«Rispondo così: su questo fronte il governo si gioca la faccia. Noi speriamo che ce la possa fare. Ho fatto nascere, e rivendico la bontà di quella scelta, l'attuale esecutivo per evitare l’avventura salviniana dei “pieni poteri” e salvaguardare lo stato di diritto nel nostro Paese. Detto questo, vediamo se lo scenario negativo che lei descrive si determinerà oppure se le cose andranno diversamente. Spero che il governo abbia un guizzo, uno scatto di reni, e possa rilanciare l’Italia. Ora o mai più».
La riduzione temporanea dell'Iva: sta lì scatto necessario?
«Do un suggerimento al Governo: si decida quali tasse abbassare e si proceda senza aprire troppe discussioni esterne. Certamente le tasse vanno abbassate. Prima, cercherei di rinviare le scadenze per il pagamento di quelle dovute. E non al 20 luglio bensì al 30 settembre, come minimo».
E la mossa del cavallo da fare per rimettere in moto l'Italia, qual è?
«Innanzi tutto uscire dalla dimensione del “terrore”. Non è concreta? Io dico che è la più necessaria. Per mesi abbiamo vissuto con la testa rivolta alle conferenze stampa delle 18 della Protezione Civile. Gestendo l'emergenza, va riconosciuto, meglio di altri Paesi anche se errori ci sono stati. Adesso si tratta di passare dalla paura alla speranza. Dalla chiusura alla riapertura. Dalla cassa integrazione alla decontribuzione. Serve quello che ha fatto la ministra Bellanova quando ha preso i 400 milioni del decreto rilancio e li ha usati per non far pagare alcuni contributi. Serve uno sblocco, e il terreno principale è quello delle infrastrutture».
Per ora è stato fatto molto debito, e già ne avevamo parecchio...
«Sì, ma è il tempo di dare una mano, non di fare una polemica. Abbiamo scelto di stare al fianco del governo, senza fare polemiche, perché quello che ci interessa è il risultato finale. Come diceva Deng Xiaoping, non è importa di che colore è il gatto, l'importante è che prenda il topo. Mi sembra un atteggiamento di grande serietà e di stile, che mi piacerebbe venisse riconosciuto. L'obiettivo è concretizzare, e per riuscirci bisogna essere bravi nella scrittura delle norme. Se dopo 22 mesi una macchina passa sul Ponte di Genova, è incomprensibile perché non si intervenga sui 120 miliardi di infrastrutture bloccate, dalle strade alle scuole dagli aeroporti al dissesto idrogeologico».
A proposito della scuola. A settembre tutti in classe o meglio davanti ad un pc?
«I ragazzi devono stare in classe. La didattica a distanza è una follia. Un palliativo per i momenti di emergenza. La normalità è vedere gli studenti fisicamente presenti alle lezioni perché la scuola è una comunità educante».
Il leader del Pd, Nicola Zingaretti, ha deplorato il fatto che a differenza del centrodestra, la sinistra non riesca a essere unita nelle candidature per regionali e amministrative di settembre. In Puglia voi avete candidato Scalfarotto...
«Sono d'accordo con Nicola. Se è vero, immagino che domattina rimettano in discussione la riconferma di Emiliano. Se lo fanno siamo pronti a sederci ad un tavolo. La prendo come una apertura di disponibilità».
A parte l'immagine politica, lei è anche un personaggio dei tempi attuali. Ha detto: godo come non mai quando mi danno per morto. Bene, adesso come si sente, più vivo o più morto?
«Suggerirei di non sottovalutare quelli che si danno per morti. Pensi solo a ciò che è successo in America con Biden. Quanto a me, mi sento un ex. È un grandissimo dono esserlo a 45 anni: vuol dire che ho tempo davanti. Ho fatto mestieri bellissimi: sindaco di Firenze, presidente del Consiglio. Non so cosa mi attende per il futuro ma francamente non è un pensiero che mi tormenta. La mia preoccupazione di oggi è l'esame di maturità che ha appena fatto mio figlio. Sono in una fase nuova della vita, molto bella, dove mi occupo delle mie relazioni internazionali. Giro l'Italia con il partito e lo faccio con entusiasmo. L'ultimo che mi ha dato per morto è stato Matteo Salvini. É ancora lì che si lecca le ferite...».