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Letta Calenda
«Carlo Calenda parla di "onore". Onore è rispettare la parola data. Un accordo, una firma, una stretta di mano tra persone leali e serie: questo è onore. Il resto, compreso l’attacco alla destra e alla sinistra tutte uguali, è populismo. Populismo d’élite, ma pur sempre populismo». Lo si legge sui canali social del partito democratico a corredo di un video con stralci delle dichiarazioni dello stesso Calenda e di Enrico Letta subito dopo l’accordo tra Pd e Azione/+Europa lo scorso 2 agosto. Il segretario del Pd non è rimasto in silenzio: «Ho ascoltato Carlo Calenda - ha twittato Letta -. Mi pare da tutto quel che ha detto che l’unico alleato possibile per Calenda sia Calenda. Noi andiamo avanti nell’interesse dell’Italia». Parole alle quali il leader di Azione ha replicato subito: «No Enrico - questa la risposta -. In verità eri tu. Buon viaggio e grazie comunque per la disponibilità a discutere», ha scritto su Twitter. La delusione in casa Pd è grande. E gli esponenti del Nazareno non ci provano nemmeno a nasconderla: «Da Calenda una decisione irragionevole e foriera solo di esiti negativi - ha commentato il deputato dem presidente della commissione esteri della Camera Piero Fassino -. Ora occorre proseguire sulla strada intrapresa da Enrico Letta: unire le tante energie del Paese per un programma che restituisca agli italiani certezze di lavoro, di reddito, di prosperità e di vita». Dura Lia Quartapelle, responsabile Europa, Affari internazionali e Cooperazione allo sviluppo nella segreteria nazionale del Pd. «Dopo M5S, Lega e FI, anche Calenda calpesta il vero lascito dell’esperienza Draghi: cioè unire posizioni diverse per ricostruire l’Italia. Un errore politico grave che rischia di consegnare l’Italia alla destra peggiore di sempre. Noi andiamo avanti forti delle nostre idee», ha twittato. Non si è fatta attendere nemmeno la reazione di Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa Verde. «Calenda ha anteposto gli interessi del suo partito a quelli del Paese - ha dichiarato in un video su Facebook -. Noi invece ci sentiamo impegnati, con grande senso di responsabilità, a difendere la nostra democrazia e per batterci per la giustizia sociale e climatica. Quindi confermiamo la nostra alleanza». La scissione ha invece esaltato gli ex forzisti passati alla corte di Calenda. La più netta è la ministra per il Sud, Mara Carfagna: «Avanti con Azione! Sarà una battaglia rischiosa ma bellissima: quella per ricostruire in Italia un polo liberale e moderato che non sia schiavo di sovranisti e populisti. Finalmente!», scrive su Twitter. Per la collega Mariastella Gelmini «grazie al coraggio di Carlo Calenda da oggi l’Italia, tra la sinistra di Fratoianni e la destra filo Orbàn, avrà una proposta popolare, liberale e riformista, che guarda al metodo Draghi e mette il bene del Paese prima di qualsiasi calcolo elettorale. Forza Carlo, avanti insieme», è il cinguettio della ministra per gli Affari regionali. Resta per ora in silenzio il ministro della Pa, Renato Brunetta, anche lui uscito da Fi: «No comment, no comment», sono le uniche parole all’AdnKronos che gli chiede se cambia ora la sua posizione. «Non avevo dubbi, siamo liberi - dice sempre via social il senatore Andrea Cangini - . Liberi di essere noi stessi e di avanzare proposte concrete e realistiche affrancati da due poli tenuti insieme dal solo interesse elettorale e dominati dalla demagogia: la demagogia di destra e la demagogia di sinistra»