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Alfonso Bonafede, ministro della Giustizia
Renzi bluffa per avere qualche poltrona in più o davvero vuole spezzare la corda? È questa la domanda che a poche ore dal voto di fiducia sul ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, in programma domattina al Senato, si pongono i leader della maggioranza. La sensazione diffusa è che il capo di Italia Viva stia solo giocando giocando a poker col premier Giuseppe Conte per piazzare qualche uomo in più nei ministeri, ma l’imprevedibilità di Renzi è un elemento cruciale che nessuno si sente di sottovalutare. Alla vigilia delle due mozioni di sfiducia, una della Lega e una di +Europa, i renziani non hanno ancora sciolto la riserva sul loro comportamento in Aula, subordinando il loro voto alle parole che il ministro pronuncerà a Palazzo Madama e a un radicale cambio di passo in tema di Giustizia. L’ex premier mette sul piatto della bilancia i suoi pesantissimi 17 senatori e invia Maria Elena Boschi a Palazzo Chigi per spiegare a Conte la serietà della situazione.Ma il gioco al rilancio di Italia Viva irrita il resto degli alleati che, in coro, si schierano a difesa del ministro Bonafede. «Se passa la mozione» di sfiducia «si apre una vera crisi, non c’è dubbio», mette subito in chiaro il capogruppo del Pd alla Camera Graziano Delrio, sposando di fatto la linea Crimi. «Non si può pensare che con il ministro della Giustizia, capo del principale partito in Parlamento, la cosa si risolve con una pacca sulla spalla», dice Delrio. E si schiera col ministro, seppur con sfumature radicalmente differenti, anche il capo dei senatori dem Andrea Marcucci, convinto che «le mozioni di sfiducia siano da rigettare, ma per il Guardasigilli può essere l’occasione per riequilibrare la politica del suo dicastero, valorizzando il fatto che è ministro di un governo di coalizione», spiega Marcucci, comprendendo dunque le rivendicazioni renziane. Ma a fare da scudo al ministro della Giustizia ci pensa anche Leu, che al Senato “vale” cinque voti indispensabili. Tra loro, Francesco Laforgia, che definisce quella renziana una «strategia della tensione» non più sopportabile. «Mentre gli italiani sono angosciati dall’incertezza sul proprio futuro, l’ex premier si diverte a tenere tutti sulle spine su una vicenda basata su sospetti e ospitate televisive. Un garantismo a corrente alternata che fa davvero tanta tristezza», tuona Laforgia, mentre i grillini, a più voci, intimano Italia Viva a non giocare troppo col fuoco. Minimizza invece l’ex capo politico 5S e ministro degli Esteri Luigi Di Maio, convinto che il governo sia «solido» e che « in Senato dimostrerà tutta la sua solidità». L’alzata di scudi non scompone affatto gli esponenti di Italia Viva, che con la ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova respingono al mittente ogni accusa: «Non è con le minacce e con queste dichiarazioni roboanti che si affronta e si risolve la questione», afferma, scegliendo uno stile diverso da quello del compagno di partito Roberto Giachetti che ironizza sul «nervosismo» del Pd e di Leu. «Politicamente li capisco, vista la china che hanno preso sui temi della giustizia», dice il renziano. «È un pò come se con la sfiducia a Bonafede venisse sconfessata la linea che hanno sposato da tempo. Ma non se ne abbiano a male se per noi quella linea era, è e resterà indigeribile». E mentre in maggioranza si consuma l’ennesima tensione, le opposizioni si preparano alla battaglia d’Aula. Il centrodestra voterà compatto la mozione proposta dalla Lega, ma Forza Italia sosterrà senza dubbio anche la “sfiducia garantista” proposta da Emma Bonino, la stessa su cui potrebbe convergere il voto di Iv. È questo il “cavallo di Troia” attraverso il quale gli azzurri puntano a disarcionare Bonafede. Se anche Lega e Fratelli d’Italia sostenessero entrambe le mozioni il voto di Renzi sarebbe davvero determinante. In caso contrario l’ex premier potrebbe permettersi il lusso di mantenere intatta la battaglia di principio, appoggiando la proposta Bonino insieme a FI, senza però mettere a repentaglio la tenuta dell’esecutivo. Ma tra fiducia o crisi di governo resta in pedi una terza via suggerita dal Psi: le dimissioni volontarie del ministro. Al momento è solo un’eventualità remota, ma Bonafede e compagni avranno tempo fino alle 9.30 di domani per cambiare idea.