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Non solo Giuliano Pisapia. La disponibilità dell’ex sindaco di Milano a scendere in campo per le Europee a sostengo della sinistra “zingarettiana” non esaurisce la voglia di aprirsi al mondo del neo segretario dem. Nei piani di Nicola Zingaretti, infatti, ci sono altri nomi di peso da inserire nella rosa dei capilista da presentare all’elettorato il 26 maggio, tutti esterni al partito: Massimo Cacciari al Nord Est, Laura Boldrini al Centro e Mimmo Lucano al Sud. Sì, perché il governatore del Lazio pare sia l’unico in grado di convincere il sindaco (sospeso) di Riace a rompere ogni indugio e accettare la candidatura.
Per costruire il «campo largo» su cui tanto ha battuto nella campagna per le primarie, Zingaretti è disposto a qualche piccolo sacrificio. Compreso un ritocco al simbolo, rendendo centrale il richiamo al Partito socialista europeo, a discapito del marchio Pd, che ne uscirebbe lievemente ridimensionato. Sarebbe una piccola concessione in cambio di un immenso vantaggio: offrire al maggior numero di personalità esterne, care alla sinistra, il tetto di un solo partito, quello Democratico.
Del resto, già Matteo Renzi, alle Europee del 2014, aggiunse un richiamo al Pse nel simbolo. Chi potrebbe, di conseguenza, contestare oggi a Zingaretti una scelta molto simile a quella di cinque anni fa? Il governatore del Lazio non è solo in questa operazione di restyling e apertura al mondo esterno. A spingere in quella direzione c’è anche Frans Timmermans, il candidato del Pse alla presidenza della Commissione europea, grande sostenitore del “campo largo” per contrastare i populismi.
Il vessillo del socialismo europeo funzionerebbe da calamita anche per il Psi di Riccardo Nencini e per Articolo Uno, che potrebbe giustificare la sua presenza in lista non come un ritorno della ditta nella casa madre, ma come una semplice adesione agli ideali della famiglia europea d’appartenenza.
Il piano zingarettiano però non prevede solo nuovi arrivi, mette in conto anche qualche partenza. Come quella di Carlo Calenda, di provenienza liberale, molto più a suo agio nel gruppo dell’Alde che in mezzo ai socialisti. In un Pd sbilanciato a sinistra, all’ex ministro dello Sviluppo economico non resterebbe che una possibilità: bussare alle porte di + Europa, il partito di Emma Bonino e Benedetto Della Vedova che ha sbattuto le porte in faccia al governatore, preferendo la corsa solitaria.
E mentre il partito fondato da Veltroni somiglierebbe sempre di più al Labour di Corbyn, per le liste a sinistra del Pd lo spazio diventerebbe ancora più esiguo. Ma la frammentazione non mai stato un disvalore a certe latitudini, per cui sono già pronti vari raggruppamenti ai nastri di partenza.
Sotto il vessillo del Sole che ride si presenteranno i Verdi di Angelo Bonelli, Italia in Comune di Federico Pizzarotti e, molto probabilmente, Possibile di Pippo Civati. Quest’ultimo, però, perde lungo il cammino Elly Schlein, parlamentare europea “civatiana” uscente che ha rotto con l’ex dem. Schlein e l’avvocata Anna Falcone si accaseranno con la Sinistra europea, la lista che ospita altre sigle note nel panorama radicale: Rifondazione comunista, Sinistra italiana e l’Altra Europa con Tsipras, per citare i più noti.
Deve ancora sciogliere le riserve Potere al popolo, rimasto orfano di progetti dopo la scelta del sindaco napoletano Luigi de Magistris di non partecipare alla competizione. Per Viola Carofalo e compagni si aprono solo due scenari: aderire a Sinistra europea o saltare un giro.
Proveranno invece a raccogliere le firme per partecipare alla corsa europea sia il redivivo Partito comunista italiano, guidato da Mauro Alboresi, che il quasi omonimo Partico comunista di Marco Rizzo. Entrambi, ovviamente, tenteranno di competere in ordine sparso.
Sparito dall’atlante politico Leu, il contenitore guidato da Piero Grasso nato lo scorso anno per affrontare le elezioni politiche. L’ex capo della Direzione nazionale antimafia è rimasto l’unico alfiere in Parlamento e i tre raggruppamenti che lo animavano Articolo Uno, Sinistra italiana e Possibile - non solo si sono sfilati ma hanno intrapreso tutti percorsi diversi.
Zingaretti osserva dall’esterno il logoramento delle liste di sinistra, mentre mette a punto il suo piano di ingurgitare ogni voto lasciato per strada dai partiti radicali, che difficilmente supereranno lo sbarramento del 4 per cento. Per ora il segretario del Pd si dice «felice per la parole di Giuliano Pisapia», ma il sogno proibito resta inconfessabile: superare il Movimento 5 Stelle già il 26 maggio. «Ricostruiamo una speranza per cambiare questa Europa, con la passione e l’impegno civile di Giuliano e di tante altre persone», scrive su Twitter. E se lo schema funzionasse, Zingaretti potrebbe deciderlo di importarlo dentro i confini del partito, dove in pole position per un posto in segreteria c’è l’ex Sel e suo braccio destro in Regione, Massimiliano Smeriglio.