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E allora, Bibbiano? Doveva essere il luogo simbolo del cambiamento, la “clava” da usare per «liberare» l’Emilia Romagna da 70 anni di governo rosso e da uno spaventoso sistema di “deportazione” dei bambini. Ma alla fine le frasi slogan usate da Matteo Salvini si sono rivelate un clamoroso boomerang: il Pd si è riscoperto davvero il partito di Bibbiano, ma non quello dell’orrore sbandierato dalla destra, bensì quello delle urne. A schede ormai conteggiate il risultato è lampante: nel piccolo Comune in provincia di Reggio Emilia, schiaffato su tutti i giornali come epicentro delle pratiche più bieche e orripilanti, la Lega non supera il 29,46% di preferenze, raccogliendo 1.483 voti ( solo 10 in più rispetto alle Europee) contro i 2.049 presi dal Pd ( 256 in più), che ha raggiunto il 40,70% di preferenze.
E stravince la coalizione guidata da Stefano Bonaccini, che raggiunge quota 54,31%, contro il 37,43% - 2006 voti - della candidata avversaria Lucia Borgonzoni, poco più che una comparsa sul palco di Bibbiano, dove il 23 gennaio Salvini ha provato a chiudere il suo tour in Emilia annunciando una vittoria ormai certa. La lezione è arrivata anche per il M5S, fermo al 4,3%, il primo ad accusare il Pd invitando a «buttare le chiavi» per tutti gli indagati; e per il Popolo della Famiglia, il partito di destra cattolico e conservatore che sperava di guadagnare seggi proprio parlando di Bibbiano: solo due i voti racimolati, cioè lo 0,04 per cento, al di sotto anche alla percentuale totale in Emilia, pari allo 0,29 per cento.
Slogan e propaganda non hanno fatto presa, svelando la fallibilità della strategia leghista. Basata in gran parte proprio su Bibbiano: al punto cinque dei consigli per la campagna elettorale, infatti, la “Bestia” di Salvini, la sua infaticabile macchina da propaganda, suggeriva ai candidati del Carroccio di utilizzare l’argomento Bibbiano per tentare di aprire delle crepe all’interno della corazzata piddina nella sua storica roccaforte.
L’invito era quello di cavalcare l’inchiesta “Angeli e Demoni”, approfittando della confusione mediatica e della strumentalizzazione politica sul presunto sistema di affidi illeciti in Val d’Enza. E la strategia partiva da lontano, ovvero da quella maglietta indossata in Senato, all’indomani del blitz, proprio da Borgonzoni, con la scritta “Parliamo Di Bibbiano”, con le lettere P e D in evidenza, a sottolineare che il Pd c’entrava eccome. Il tutto sfruttando il ruolo di Bibbiano come Comune capofila dei servizi sociali della Val d’Enza e il coinvolgimento, nell’inchiesta, del suo sindaco dem, Andrea Carletti. Che nella vicenda c’entra però solo marginalmente: su di lui pesano un’accusa di abuso d’ufficio e una di falso, nulla a confronto di quei “rapimenti di bambini” ipotizzati dalla Lega.
Il risultato è stato, da un lato, la demonizzazione di Carletti, trasformato nel responsabile di migliaia di “sequestri” - giocando su cifre inesatte - e ricoperto da minacce e insulti, dall’altro la chiamata in correità di un intero partito, colpevole di non aver vigilato. Lo scopo della campagna era muovere una cittadina di poco più di 10mila anime verso gli autoproclamati salvatori, gli “angeli”, a dispetto dei “demoni”.
Ma la risposta è arrivata proprio il 23 gennaio, quando leghisti e Sardine si sono divisi il paese contandosi su due palchi differenti, separati da una manciata di metri e circa 200 uomini in divisa, pronti a contenere eventuali sussulti: i bibbianesi, nella piazza leghista, si contavano sulle dita di una mano, mescolati a sostenitori provenienti dal resto della Regione e, soprattutto, da quelle vicine. Non abbastanza, comunque, per riempire lo spiazzo davanti al Municipio, da abbattere con la metafora della ruspa.
Dall’altra parte, invece, migliaia di persone ballavano sulle note di “Bella Ciao”, invocando rispetto per una città criminalizzata e sfigurata dalla macchina del fango. Salvini le ha provate tutte, preferendo lo show agli argomenti, oscurando persino la sua candidata pur di proseguire col suo canovaccio: sul palco, una per volta, sono apparse donne in lacrime, che hanno raccontato il loro dramma di madri separate dai propri figli. Storie tragiche, che con Bibbiano non c’entravano però nulla, ma utili a quella narrazione che divide i mostri dai buoni prima ancora di un giudizio.
Una città, ha urlato Salvini, per la quale «lotteremo affinché da domani in avanti sia fatta giustizia» a nome «di quei bambini», di fatto definiti proprietà di madri e padri, che «riporteremo a casa». Un tema sul quale, lamentavano le associazioni in piazza, il Pd non ha saputo dire nulla. Ma a urne chiuse, Bibbiano ha risposto: guai a chi strumentalizza la vita di un’intera comunità per raccattare voti. «Hanno messo al pubblico ludibrio una comunità di gente perbene», accusa Bonaccini.
Mentre Borgonzoni prova a mantenere fede all’impegno preso: «la questione Bibbiano esiste ed esisterà sempre». Giorgia Meloni, intanto, portati a casa 291 voti per Fratelli d’Italia, promette: «sono stata la prima ad arrivare e sarò l’ultima ad andarmene». Parole che si infrangono sulla richiesta di normalità di Paola Tognoni, vice sindaco di Bibbiano: «la piazza della Lega ci ha fatto molto male, le Sardine hanno risvegliato le coscienze. Ora vogliamo solo ritrovare la serenità».