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Arriva a piedi con un comodo quarto d’ora accademico, Carlo Calenda. Il ministro dello Sviluppo economico fa così il suo ingresso ufficiale nel Partito Democratico presentandosi al suo circolo, quello storico del centro di Roma (ex via dei Giubbonari, ora ridimensionato in una stanza di via dei Cappellari, sempre a due passi da Campo de’ Fiori).
Ad attenderlo, una piccola folla di militanti e una selva di telecamere, che si sono combattuti lo spazio nella stanza. Ha parlato poco, dicendosi emozionato «perchè l’ultima volta che sono entrato nella sede di un partito ero in quinta ginnasio, nella storica sede di Piazza Mazzini» e ha analizzato il voto: «Siamo stati sconfitti perchè abbiamo pensato che fenomeni molto complicati fossero invece semplici. Un errore di arroganza che abbiamo fatto tutti insieme».
Poi, la frase che riassume il suo modo di pensare e riflette il suo essere manager: «C’è una parola che dobbiamo sconfiggere, ed è “inevitabile”», perchè «la sinistra nasce proprio per difendere dall’inevitabile».
Ha continuato tracciando la sua rotta per il partito: «Se continuiamo con questa autoflagellazione ci troveremo a dover scegliere tra la Lega e i 5 Stelle e sarà la fine della partecipazione democratica. Nelle disfatte, se affrontate con onore e dignità, c’è la premessa per la riscossa».
In una parola, quello che lui definisce lo “spirito di Dunkerque”, «prendiamo la nostra barchetta e diamo una mano a tirare fuori l’esercito dalla spiaggia». Infine, si lancia in una riflessione più personale: «Io vengo da una famiglia privilegiata, sono una élite- ammette-. La storia, però, ci insegna che esserlo non significa non potersi occupare di chi non lo è».
Al termine, anche se la dialettica un po’ lo tradisce, ha ripetuto: «Non mi candido a fare il segretario, perchè uno che arriva in un partito da tre giorni e vuole guidarlo è un buffone».
Eppure, fuori e dentro la sede di via dei Cappellari infuria il dibattito sul post-Renzi: a distanza, il candidato e ora forse già ritirato Sergio Chiamparino e il leader della minoranza Andrea Orlando appoggiano apertamente la quasi- candidatura del governatore del Lazio Nicola Zingaretti.
Costruita dietro le quinte, invece, prende quota l’ipotesi Graziano Delrio. E c’è da scommettere che la lista si allungherà nei prossimi giorni.