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«Renzi, ancora una volta, punta tutto su se stesso». Goffredo Bettini, insieme a Nicola Zingaretti tra i grandi elettori romani di Andrea Orlando, è convinto che l’ex premier abbia imparato poco dagli errori del passato: continua a circondarsi da un piccolo esercito di fedelissimi che lo spingono verso «una posizione isolazionista».
Orlando è pronto a chiedere un referendum tra gli iscritti qualora Renzi scegliesse la strada di un’alleanza di governo con Berlusconi. Temete un nuovo Nazareno?
Penso che Orlando abbia fatto bene ad avanzare questa proposta perché se non si cambia la legge elettorale - e sembra che non ci sia la volontà - nessuno raggiungerà il 40 per cento e il premio di maggioranza. Sarà dunque inevitabile fare degli accordi dopo il voto. E credo che in questo quadro Renzi intenda governare con Berlusconi, visto che sta rompendo tutti i ponti a sinistra.
Gli schieramenti si formeranno solo dopo il voto. È il trionfo Prima Repubblica?
L’unica soluzione per allontanare uno scenario da Prima Repubblica sarebbe assegnare un premio di maggioranza alla coalizione e non alla lista. Ma ci sono forze che spingono per un rinculo proporzionalista, certi che in questo modo avranno maggiore libertà di movimento. Io sono convinto che in Italia ci sia un campo enorme, maggioritario, democratico e di sinistra che gli involucri politici attuali non rappresentano. A quelli dobbiamo guardare: alla proposta di Pisapia e a ciò che si muove sui territori. Da anni mi batto per la costruzione di un campo unitario, ma non c’è stata la volontà politica per realizzarlo.
Come si può costruire un’alleanza con chi ha appena abbandonato il Pd?
C’è stata una separazione per questioni di incompatibilità non solo politica. Senza soffermarsi sulle responsabilità di questa scissione, resta il fatto che chi è andato via rappresenta delle forze che, comunque, agiscono nel campo della sinistra. E non possiamo rispondere con il settarismo. Lì c’è un pezzo di elettorato democratico e progressista che non va considerato perduto.
Per Orlando le primarie avranno solo due esiti possibili: «O vince il Pd o vince Renzi». Dunque, in caso di trionfo dell’ex premier non esisterà più il Partito democratico?
Quest’affermazione va letta politicamente: non c’è dubbio che Renzi punti su di sé. Il gruppo dirigente che gli sta attorno è composto da una cerchia di fedelissimi. Il segretario si è arroccato, circondato da uno strettissimo gruppo di persone che lo spingono verso l’isolamento. Verso il partito della fazione, e non quello della nazione. Il Pd nasce da un’altra cultura e ambizione: maggioritaria, larga, positiva e capace di interloquire con mondi diversi..
E cosa ci fa nel “partito della fazione” l’onorevole Bettini?
In politica si agisce, continuando a combattere per le proprie idee in modo civile e propositivo. Non mi vedo da nessun’altra parte se non nel Pd. Se dovessi pensare che il mio partito è diventato un luogo impraticabile concluderei all’istante ogni mio impegno politico, perché su quest’idea ho speso gli ultimi anni della mia vita. Se Orlando, come credo, avrà un buon risultato diventerà un punto di riferimento. Nascerà un’area di pensiero, non una corrente, che darà in futuro un contributo molto utile al Pd: sull’idea delle alleanze e sulla concezione del partito. Ci sarà bisogno delle idee di Orlando.
Ma le alleanze le deciderà il prossimo segretario. Che senso ha consultare gli iscritti sul tema? Non si sono già espressi al congresso?
Sul tema delle alleanze si potranno delineare vari scenari. Sarà compito del partito scegliere se guardare a Berlusconi o a sinistra. Orlando propone di chiudere la stagione del rapporto con Forza Italia, dialogando con Pisapia.
Difficile, però, con l’attuale legge elettorale, che il Pd insieme a Pisapia ottenga la maggioranza...
Questo lo vedremo. È complicato, è vero, ma bisogna chiarire prima del voto da che parte si vuole andare. Se l’intenzione è di governare con Berlusconi non posso che essere in disaccordo. Questa prospettiva nasce da un’analisi sbagliata. C’è chi fa paragoni improbabili con la Francia e invoca alleanze repubblicane contro il populismo. Ma in Italia la situazione è completamente diversa. Macron se la dovrà vedere contro la candidata di una destra xenofoba e neofascista. Grillo non è Le Pen e Berlusconi non somiglia alla destra repubblicana francese. Che senso ha fare un’alleanza contro i populismi, quando il populismo più pericoloso sta nell’estrema destra? Anzi, il Movimento 5 Stelle ha avuto il merito di congelare un voto che poteva trasformarsi in qualcosa di molto più pericoloso..
Quindi ha ragione Bersani: è più naturale dialogare col M5S che con Forza Italia?
Il M5S è un contenitore che ha dentro tante cose diverse. Ci sono spinte che vanno a destra e altre che potrebbero venire a noi. Dobbiamo dialogare con il Movimento 5 Stelle, non considerarlo un unico e granitico nemico da combattere alleandoci con tutti quelli che ci stanno. Sarebbe una linea catastrofica.
È più semplice trovare convergenze con Grillo che con Berlusconi?
Grillo sui programmi è parecchio contraddittorio e ondulatorio ma rappresenta un mondo in ebollizione. Il Pd deve fare politica e entrare nelle contraddizioni dei 5 stelle. Partendo da un’alleanza ampia con tutto ciò che si muove a sinistra. Bisogna incalzare Grillo, ma allo stesso tempo rendere chiaro che il pericolo più grande proviene dall’estrema destra italiana. Sicuramente nella pancia di quel Movimento c’è tanta “roba” che va combattuta, però, attenzione, lì c’è un pezzo del nostro elettorato deluso, disperso, arrabbiato.
Insomma, Travaglio non sbaglia quando propone un governo Pd- 5Stelle?
Detta così mi pare una fuga in avanti politicista. Prima di proclamare alleanze, va aperto un processo di confronto- scontro meno pregiudiziale e più aperto. Grillo, per esempio, ha colto prima di altri la crisi di rappresentanza politica. Lui poi la risolve in un modo che a me non piace, ma quel fenomeno va affrontato anche dal Pd con ben altra determinazione e respiro. Dobbiamo cambiare la forma del Partito democratico, dobbiamo chiudere la stagione delle correnti e dei notabilati che hanno contribuito al degrado della democrazia italiana.
Con Berlusconi o con Grillo, Renzi sarà il prossimo presidente del Consiglio?
Lui lo dà per scontato, ma non si rende conto che anche un’alleanza con Berlusconi non è affatto una garanzia di un suo ritorno a Palazzo Chigi.