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L’unica cosa che non torna è quella frase sulla “solerzia” della Procura di Roma, perché nei casi che abbiamo appena citato di solerzia ce n’è stata poca. Tanto che le assoluzioni sono arrivate dopo anni e solo dopo l’avvenuta demolizione delle vittime.
E poi c’è una seconda cosa che non torna: Travaglio propone prima la gogna e poi l’ “autonascondimento” dei lanciatori del fango, ma chi più di ogni altro ha lanciato fango su quei signori è il suo giornale; e allora finisce che non si capisce bene se la sua sia una invettiva, o un’autoinvettiva, o un modo complicato per dire: «Da oggi in poi la smetto di linciare la gente e divento garantista...» Tendo a credere poco, pur- troppo, a questa terza ipotesi. Che sarebbe bellissima, ma è improbabile. Già altre volte Travaglio ci ha fatto sperare: con Marra, con Raggi, con Di Maio. Poi ci ha ripensato. Sospetto che l’ipotesi giusta sia la prima, e cioè quella dell’invettiva, che però solleva un problema
che già recentemente abbiamo posto su questo giornale: possibile che nella case e negli uffici dei giornalisti italiani tutti gli specchi siano di legno? Perché è chiaro che Marco Travaglio ( come capita a moltissimi altri polemisti) quando lancia i suoi strali neanche si accorge di esserne lui stesso il principale bersaglio naturale.
Poco male. Ai suoi lettori piace così.
Travaglio comunque non si riferiva affatto a Mastella, a Penati, a Marino e a tutti gli altri. Si riferiva ai suoi due amici John Woodcock e Federica Sciarelli; il primo, Pm di Napoli famoso per la sua abitudine di dare la caccia ai Vip, e l’altra, prestigiosa giornalista Rai. Woodcock e Sciarelli sono stati scagionatati ( come abbiamo riferito ieri, vistosamente, in prima pagina) dall’accusa di essere stati loro le talpe che passarono al “Fatto” alcune intercettazioni sul caso Consip e alcuni documenti ( che contenevano anche dei falsi) coperti dal segreto o persino del tutto illegali ( come l’intercettazione di un colloquio riservato tra un avvocato e il suo cliente, cioè il papà di Renzi). Abbiamo già scritto ieri che la notizia del proscioglimento è un’ottima notizia, perché sarebbe stato davvero drammatico dover immaginare che il passaggio di quelle carte ( atto gravissimo, di tradimento) fosse stato compiuto personalmente da un Pm con l’aiuto magari di una giornalista del servizio pubblico. Non è così, evviva. Però Travaglio ignora che il problema resta. La fuga di notizie, organizzata per colpire Matteo Renzi, cioè il capo del Pd, c’è stata ed è stata realizzata da esponenti delle istituzioni democratiche. Forse da qualche carabiniere, forse da qualche dipendente della Procura, forse da qualche altro magistrato. Recentemente lo ha detto anche il Procuratore Gratteri ( generalmente non considerato proprio il capofila della piccola e pericolosa pattuglia dei gartantisiti...): «Quando c’è una fuga di notizie, o è stato un magistrato o un esponente della polizia o dei carabinieri».
La fuga di notizie dunque c’è stata ed il reato non si è estinto con l’assoluzione dei non colpevoli. Peraltro questo reato è stato commesso con la collaborazione del “Fatto”. E questo reato ha costituito una violazione gravissima dello stato di diritto e dei diritti della difesa ( intercettazione e pubblicazione dell’intercettazione del colloquio avvocato - assistito) e probabilmente un tentativo di destabilizzazione politica a danno di Renzi. Vogliamo o no affrontare questo problema? Se il giornale che ha pubblicato le notizie segrete si vanta di averlo fatto, capite bene che l’idea che i giornalisti possano risolvere la questione auto- regolamentandosi non può essere presa in considerazione. I giornalisti hanno dimostrato che con l’etica professionale e con il rispetto del diritto si puliscono le scarpe. Inutile chiedere garanzie a loro. E’ giusto o no, allora, una legge che disciplini la materia delle intercettazioni ed equipari l’Italia agli standard europei? E giusto. Probabilmente sarà presentata oggi dal ministro Orlando. Speriamo che sia una legge buona e rigorosa.