Carissimo Morosini, sul Dubbio di ieri noi abbiamo riportato le sue dichiarazioni virgolettate ed esatte, e poi abbiamo pubblicato un commento. Come usano gli inglesi. Naturalmente i commenti appartengono a chi li scrive e basta. Le sue opinioni però mi hanno dato lo spunto per provare ad aprire una discussione con la magistratura Ma il partito dei Pm esiste e ha alleati nei partiti e nei giornali
Carissimo Morosini, sul Dubbio di ieri noi abbiamo riportato le sue dichiarazioni virgolettate ed esatte, e poi abbiamo pubblicato un commento. Come usano gli inglesi: i fatti separati dalle opinioni ( in Italia, è vero, si usa pochissimo questo metodo). Naturalmente i commenti appartengono a chi li scrive e non certo a chi ne è “l’oggetto”. Ovvio che le mie considerazioni non coincidono con le sue opinioni. Né tantomeno con le cose che lei dichiara ufficialmente, soppesando bene le parole, come è giusto che sia visto il suo ruolo istituzionale, la sua lunga carriera in magistratura e la sua presenza attiva nelle associazioni dei magistrati. Le sue opinioni però – interessanti e non frequenti tra i magistrati – mi hanno dato lo spunto per andare oltre e provare a rivolgermi a quella parte della magistratura più moderna e meno reazionaria ( della quale lei sicuramente fa parte), per chiedere di venire allo scoperto, di partecipare o addirittura pro- muovere un dibattito di idee che è necessario per fare uscire la giustizia italiana dalla crisi profonda nella quale si trova.
Quanto alle osservazioni espresse nella sua lettera, mi permetto di fare a mia volta qualche altra considerazione.
A) Lei dice che per sostenere che esistono casi di magistrati che usano la giustizia per fare lotta politica bisogna fare nomi e cognomi. Specie se, come nel suo caso, si ricopre un ruolo istituzionale. Potrei fare diversi nomi e cognomi, visto che, ad esempio, come lei sa bene, il parlamento è pieno di magistrati, i vertici delle regioni sono pieni di magistrati, lo sono molte giunte comunali, diversi magistrati hanno partecipato anche ai governi della Repubblica, altri sono stati proposti per ruoli rilevantissimi, compreso quello di ministro della Giustizia. Oppure potrei citarle, tra i tanti, il caso di quell’ex deputato del Pd ( che mi pare si chiami Nicola Sinisi, peraltro ottima persona e onestissimo) che dopo anni di battaglie contro Augusto Minzolini, giornalista schierato a destra e poi senatore di Forza Italia, si trovò a giudicarlo ( e Minzolini finì condannato, credo ingiustamente); o ancora le potrei parlare di un certo Bernini, assessore in Emilia di centrodestra, che finì indagato per collusioni con la ‘ ndrangheta ( restò nel limbo per anni, fu rovinato, e poi ne uscì pienamente assolto) da un magistrato di centrosinistra che era stato il capoufficio in un ministero del governo Prodi. Non sono belle cose, so che lei è d’accordo con me. Non succede in nessuna altra professione. Dopodiché è chiaro che in genere sono i partiti, e non direttamente la magistratura, ad utilizzare le inchieste a fini di lotta politica. Basta pensare alle liste di proscrizione stilate alla vigilia delle elezioni dalla Commissione antimafia, o al caso del povero sindaco di Roma Marino, del quale, giustamente, ha parlato anche lei, un po’ indignato, nell’intervista al quotidiano siciliano.
B) Lei giustamente sottolinea la necessità di regole certe per i magistrati, in tema di segretezza e la necessità “di sanzioni per chi non le rispetta”. Ha ragione. Però le regole ci sono, quasi nessuno le rispetta, e di sanzioni, fin qui, nemmeno l’ombra... O mi sbaglio?
C) Lei dice che condotte penalmente irrilevanti possono appannare la credibilità di un politico, e dunque ben vengano i codici etici. Forse ha ragione. Io però penso che a giudicare le condotte penalmente irrilevanti sarebbe giusto che se fossero gli elettori. Dovranno pure avere un potere questi elettori, o no? Oppure devono solo ratificare le scelte compiute a monte o dalla magistratura o dagli Stati maggiori dei partiti, o – nel caso in cui si parla tanto in questi giorni – da Grillo in persona?
D) Sul partito dei Pm possiamo discutere per ore e ore. Però, francamente, dottor Morosini, sostenere che non esiste è arduo. Ha una sua struttura ( si chiama Anm), un capo ( si chiama Davigo), una linea politica ( attualmente, purtroppo, è il davighismo), moltissimi referenti esterni e moltissimi alleati, tra i quali un partito politico vero e proprio, i 5 Stelle, e un gran numero di testate giornalistiche. Altra cosa è dire che non è monolitico. Anch’io credo che non lo sia. E del resto la sua intervista al Giornale di Sicilia lo conferma. Il problema – che cercavo di sollevare nell’editoriale di ieri – è proprio questo: il silenzio di un pezzo importantissimo di magistratura che non è d’accordo con la linea davighiana eppure non esce allo scoperto. Le ultime righe della sua lettera mi incoraggiano: mi fanno capire che forse c’è la volontà di riaprire una discussione chiusa da troppo tempo. La domanda che le faccio è questa: esiste un pezzo di magistratura ha l’interesse e la forza e il coraggio per mettere tutto in discussione ( in discussione vuol dire che si esaminano i pro e i contro e poi si decide): dalla separazione delle carriere, alla responsabilità civile, alle manette facili, al 41 bis, eccetera eccetera eccetera? Finché questa discussione non si apre, in modo moderno e leale, è difficile pensare a qualcosa di buono per la giustizia italiana.