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«Noi siamo il partito del Pil e dobbiamo tornare a rappresentare il ceto medio che lavora». Mariastella Gelmini, Capogruppo alla Camera di Forza Italia, lancia la sua formula per rilanciare il partito, in vista di un congresso, che lei ha chiesto con forza, e delle primarie da tempo ipotizzate, a cui lei si candida per contendere la leadership azzurra a Mara Carfagna e Giovanni Toti.
Parlare di Forza Italia è impossibile senza citare Berlusconi. Come si riforma un partito che ha ancora lui al centro?
Con una premessa chiara: il ruolo di Berlusconi non è in discussione. Alle ultime Europee ha preso più di 500 mila preferenze: in proporzione, ha raccolto più consensi rispetto a Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Detto questo, dobbiamo tutti prendere atto che Forza Italia alle Europee ha subito una battuta d’arresto e, anche sulla base di questo, è stato lo stesso Berlusconi a proporre una riorganizzazione del nostro movimento, fondata su una maggiore democrazia interna per la selezione della classe dirigente.
Insomma, anche voi come il Pd alle prese con la riorganizzazione interna.
Eviterei di fare l’errore del Pd, ammorbando i nostri elettori con un dibattito autoreferenziale su regole e statuti. Il dato è chiaro: Forza Italia è consapevole delle sue difficoltà e vuole rilanciarsi, aprendo porte e finestre, tornando in mezzo alla gente e parlando di contenuti più che di organigrammi.
Con le primarie? Lei è stata criticata per essersi mostrata scettica sullo strumento, salvo poi decidere di candidarsi.
Io ho criticato la proposta avanzata da Giovanni Toti, perchè con primarie aperte, come le vuole lui, anche Grillo e Di Battista potrebbero candidarsi alla guida del partito. Io ho detto che prima serviva un congresso, poi primarie tra gli iscritti. Ho in mente un percorso diverso: non primarie di tutto il centrodestra, ma un confronto dentro Forza Italia, aperto alle liste civiche e alle espressioni dell’area moderata.
Basta per rivitalizzare Forza Italia?
Primarie e congresso, che pure io vedo positivamente, sono momenti importanti di vitalità e confronto, anche aspro. Ma questi sono mezzi: il rilancio passa da un confronto aperto sulla linea politica e sui temi di Forza Italia. Il partito non deve scontrarsi sui personalismi, ma rigenerarsi sui temi. Forza Italia deve differenziarsi profondamente dalla destra di Salvini e Meloni, ma anche - e questo è più facile - dalla sinistra di Zingaretti.
Il target rimane il ceto medio moderato?
Forza Italia deve rappresentare il ceto medio, che è stato falcidiato da una crisi durissima, che ne ha indebolito aspettative economiche e ruolo sociale. Noi dobbiamo guardare ai ceti produttivi, ai professionisti, agli imprenditori e alle partite iva: parlare all’Italia che non sta a casa ad aspettare il reddito di cittadinanza ma scommette sul futuro, rischia, investe e studia. Dobbiamo tornare ad essere il partito del Pil. E allo stesso tempo dobbiamo occuparci anche degli di chi è rimasto indietro o chi rischia di restarci: donne, giovani, anziani. Serve una grande riforma del welfare.
Si archivia così l’alleanza di centrodestra?
Lega e Forza Italia sono unite nei territori dove governano insieme, ma lì non ci sono nè il reddito di cittadinanza, nè il decreto dignità, nè l’abolizione della prescrizione. In quelle città e regioni il centrodestra abbassa le tasse, garantisce sicurezza e dialoga coi corpi intermedi, con una ricetta liberale in cui noi ci riconosciamo pienamente. Questo, però, non viene fatto dalla Lega al governo coi 5 Stelle.
Che cosa contesta a Salvini?
Che la sua Lega ha troppa pazienza nel mantenere in piedi un governo fallimentare, che ha tradito il programma di centrodestra. Salvini ha lavorato bene sull’immigrazione, ma la ricetta economica del governo è deleteria. E’ vero che su quel fronte le carte le dà Luigi Di Maio, ma rischiare una procedura di infrazione europea, bloccare la Tav e votare il decreto Dignità sono scelte sbagliate, di cui la Lega è corresponsabile. Non ci sono due governi, il governo è uno solo.
Una distanza incolmabile?
Noi crediamo al centrodestra unito, è la Lega che dovrebbe crederci di più e il fatto che stia ancora al governo coi 5 Stelle non aiuta. Molti dentro la Lega consigliano al leader di staccare la spina e andare al voto.
Eppure Berlusconi ha proposto il leghista Giorgetti come commissario europeo alla Concorrenza.
Giorgetti è una persona di grande qualità e affidabilità. E’ un uomo delle istituzioni e, fuori dai confini, noi facciamo l’interesse dell’Italia. Il punto è portare a casa un Commissario di peso per tutelare i nostri interessi economici. Il voto per la presidenza della Commissione ha certamente complicato le cose.
Il fronte alleanze sarà uno dei temi del congresso?
Io credo che oggi Forza Italia debba occuparsi di Forza Italia, più che di alleanze. Noi dobbiamo lanciare i nostri temi, a partire da una proposta forte in economia.
Quale?
Serve un nuovo patto sociale che coinvolga le imprese, i lavoratori e lo Stato. Tutti devono dare qualcosa: lo Stato deve tagliare il costo del lavoro, le imprese devono aumentare i salari dei lavoratori. Solo in questo modo è possibile aumentare i consumi e la domanda interna: l’Italia non può vivere di sole esportazioni. E i lavoratori devono favorire la crescita della produttività, su cui siamo drammaticamente indietro. Per noi, la priorità del paese è il lavoro, per Salvini è l’immigrazione.
Per farlo, però, bisogna essere al governo.
Ed è per questo che richiamiamo la Lega alle sue responsabilità: oggi nel Paese ci sarebbe una larghissima maggioranza di centro- destra. Ciò non ci impedisce di fare il nostro lavoro in Parlamento, dove abbiamo presentato una valanga di proposte di legge: la compensazione tra le tasse che l’imprenditore dovrebbe versare e i crediti che vanta nei confronti della pubblica amministrazione, altro che minibot; le misure per il lavoro delle donne, il rilancio del Mezzogiorno. Non solo, abbiamo depositato anche una proposta per correggere la norma sull’equo compenso per i professionisti.
In che cosa consiste?
Grazie all’onorevole Mandelli abbiamo presentato un testo per superare gli escamotage a cui possono ricorrere i contraenti forti, come i grossi studi e le società di consulenza, per bypassare in modo sleale la normativa. Abbiamo assistito anche di recente a casi di bandi della p. a. a compenso zero. Da qui la necessità di intervenire per sanare palesi ingiustizie e riconoscere il valore dell'attività svolta dai professionisti.