Analizza la campagna elettorale, con la consapevolezza di essersi candidato con Civica Popolare «pur sapendo di non avere possibilità di essere eletto». Fabrizio Cicchitto, ex socialista e presidente della Commissione Affari esteri della Camera, ha una certezza: «Gli unici che hanno giocato per vincere sono stati Gentiloni e Salvini. Dagli altri solo autogol».

Presidente, perchè è stata una campagna elettorale anomala?

Abbiamo vissuto una campagna elettorale scompaginata dal fatto che non c’è stata una dialettica bipolare, nonostante la legge elettorale abbia un’ispirazione bipolare. Poi assistiamo a un’orgia di promesse mai vista prima, senza nessuna congruità tra promesse e coperture. Gli schieramenti sono molto fragili e tutti sanno che i programmi sono falsi. Nella prima e nella seconda Repubblica, invece, si scontravano schieramenti solidi che davano un’alternativa certa agli elettori, proponendo una dialettica chiara. Allora si sapeva che un governo sicuramente si sarebbe formato.

Oggi, invece?

Dal 2013 in poi le cose si sono complicate: Bersani inaspettatamente non vinse, il centrosinistra perse 3 milioni di voti e il centrodestra 6 milioni, nonostante il grande recupero di Berlusconi. A sconvolgere il quadro fece la sua comparsa un soggetto atipico come il Movimento 5 Stelle, che è rimasto in pista dopo cinque anni malgrado i suoi moltissimi errori.

Lo diceva prima, la legge elettorale distorce il risultato?

E’ l’ennesima anomalia. Il Pd ha approvato una legge elettorale, per di più forzando la mano con la fiducia, che invece è evidentemente su misura del centrodestra. E Berlusconi, Salvini, la Meloni stanno usando questo regalo per realizzare una forte coalizione elettorale.

Quindi prevede un risultato significativo del centrodestra?

Il centrodestra è ben attrezzato dal punto di vista elettorale, per nulla invece sul fronte dell’ omogeneità programmatica per il governo. Berlusconi accentua al parossismo la flat tax, il suo rapporto con il Ppe e l’Europa. Salvini ha costruito una Lega su due idee forti e negative: prima l’antieuropeismo, poi l’attacco agli immigrati. Per di più, elemento rilevante, c’è esplicita conflittualità su chi farà il premier. Non mi stupisce che non riescano nemmeno a fare una comune manifestazione in piazza, ma solo una photoopportunity, come ha detto Berlusconi.

Il vero spauracchio della campagna elettorale rimane il Movimento 5 Stelle.

Anche loro si sono fatti parecchi autogol, a partire dalla scelta grottesca di presentare alcuni modesti professionisti come luminari, indicandoli come potenziali ministri e mandando una goffa mail al presidente della Repubblica. Con la vicenda delle mancate restituzioni è emersa tutta la loro mediocrità. Potevano ritagliarsi il ruolo di fustigatori delle vere caste: banchieri, lobbisti e alti burocrati. Invece si sono persi a intervenire in modo ossessivo sui vitalizi dei parlamentari, dando la loro copertura a chi ha scatenato l’attacco alla casta dei politici per fare un’operazione di “distrazione di massa” a favore di chi ha retribuzioni molto superiori a 250 mila euro annui. Alla fine è addirittura emerso che alcuni di loro facevano la cresta sugli scontrini.

E il candidato Luigi Di Maio funziona?

Sembra in modo un po’ grottesco un’imitazione del venticinquenne Giulio Andreotti, allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ma solo sul piano del look e dell’abbigliamento, con una giacca di buon taglio e tanto di cravatta. Scegliere lui ha significato disperdere la carica demagogica, rivoluzionaria ed eversiva incarnata da Beppe Grillo e da Alessandro Di Battista.

E come se la sta cavando il Pd, di cui Civica popolare è alleata?

Ha dimostrato di non essere attrezzato a fare coalizioni. Matteo Renzi ha fatto di tutto perché ci fossero tre liste alleate al Pd, costruite per ottenere voti fra l’ 1% e il 2,9% con contropartite ridicole in collegi uninominali: Civica Popolare e Insieme sono stati usati come “liste Avis” per il PD. La Bonino, che si è dimostrata quella con la leadership più forte, sta giocando un ruolo sorprendente: molti di quelli che vogliono votare a sinistra, ma non per il PD, votano + Europa.

Il rischio di venire fagocitati è forte?

Renzi è intervenuto per far saltare l’ipotesi di un’alleanza fra Alternativa Popolare, gli altri centristi e il PSI, che avrebbe avuto una forte chance di arrivare al 3%. Il nostro alleato maior non ci ha aiutato per nulla e quindi la lista Civica Popolare conduce una battaglia assai difficile per raggiungere il 3%.

Lei come è collocato in lista?

Io mi sono candidato al Senato, dove la soglia autentica è superiore al 3%, quindi sapendo bene di non poter essere eletto, ma per un atto di testimonianza e di solidarietà politica. A parte Beatrice Lorenzin e Pier Ferdinando Casini, gli altri esponenti di Civica Popolare impegnati nell’uninominale sono collocati o in seggi contendibili solo perché portano in essi voti propri senza i quali con il solo PD la partita sarebbe persa, oppure conducono battaglie di testimonianza: a tutti loro va la mia solidarietà.

Insomma, chi ha invece giocato bene?

Due sole personalità hanno giocato per fare gol, con grande coerenza nei rispettivi e contrapposti disegni. Paolo Gentiloni ha difeso i risultati del suo governo e ha chiesto un voto razionale per un moderno riformismo che ha rimesso in moto il Paese sul terreno della crescita. Dall’altra, Matteo Salvini: ha certamente una piattaforma che fa rabbrividire, ma ha cavalcato antieuropeismo e anti- immigrazione con un linguaggio provocatorio però assai forte sul piano mediatico.

Anche Berlusconi non è riuscito a segnare?

Berlusconi è stato molto ripetitivo. Nelle precedenti campagne si inventava novità dirompenti, in questa ha riproposto continuamente il ritornello della flat tax. A mio avviso Salvini ha prevalso sul piano dell’impatto mediatico per novità e aggressività. Si ben chiaro: a mio avviso la sua proposta è repellente, ma parla alla pancia di una parte di questo Paese.

Renzi?

Anche lui si è fatto una serie di autogol. E’ il peggior nemico di se stesso. Peccato, perché la sua carica innovativa è indubbia, ma l’ha tradotta in arroganza, a partire dal referendum. Adesso non ha avuto l’umiltà politica di prendere atto che Gentiloni è la carta vincente e ora rischia, con la sua presenza eccessiva e compulsiva, di far perdere voti e non di farli guadagnare al Pd. Fortuna per il Pd che su pista ci stanno Gentiloni e Minniti in chiave propulsiva e Franceschini e Orlando in chiave difensiva.

Quindi che ipotesi si possono fare sugli esiti elettorali?

Il rischio è lo stallo. Può darsi che mi sbagli: Berlusconi e Salvini insieme sono forti, ma ho l’impressione che il centrodestra non sfonda e non riuscirà a raggiungere la maggioranza. Il Pd, anche cannibalizzando le liste alleate, punta ad allontanare la sua crisi raggiungendo il 25%. Il Movimento 5 Stelle ha uno squilibrio di forze tra sud e centro- nord Italia e non riuscirà certamente a fare un governo: la lista dei ministri con personaggi di serie C è solo un happening elettorale peraltro mediocre.

Tutti i partiti hanno allontanato l’ipotesi di larghe intese.

Il rischio di ingovernabilità dovrebbe imporre a tutti di avere la saggezza che è mancata in campagna elettorale. E’ molto facile dire che si rivota subito, ma non è così semplice e l’Italia non ha certo la stabilità tedesca di gestire otto mesi di governo di ordinaria amministrazione, senza conseguenze negative.