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Il telefono le squilla spesso, in queste giornate parlamentari così concitate. Beatrice Lorenzin. ex ministra della Salute dei governi Letta, Renzi e Gentiloni e una storia politica tutta spesa nel campo del popolarismo, ha fatto una scelta controcorrente: nei giorni della nascita del partito di Renzi, lei è entrata nel Pd.
Domanda secca: perchè?
Perchè il Pd è l’unico partito in Italia che può fare da argine e da alternativa all’opzione sovranista incarnata dalla Lega.
Alcuni la hanno criticata. Come risponde?
Con il percorso che ho alle spalle, perchè la mia decisione viene da molto lontano. Nel 2013 ho partecipato alla scissione di Angelino Alfano, perchè ritenevo che il centrodestra di allora si stesse spostando troppo a destra ed era una scelta che non condividevo. In seguito, ho governato per cinque anni in alleanza con il Pd, da Letta a Renzi fino a Gentiloni e in quel campo ho potuto portare avanti le mie idee politica liberamente. Infine, nel 2018 mi sono candidata con la lista Civica Popolare in alleanza con il Pd e sono stata eletta nel collegio uninominale di Modena. Nei 14 mesi successivi ho sostenuto in modo autonomo le politiche di opposizione portate avanti dai dem e alle regionali in Abruzzo ho sostenuto il Pd, come ho fatto anche a Modena e poi alle Europee, la prima occasione in cui ho votato Pd e ho chiesto di votarlo, sostenendo i candidati moderati. Insomma, è stato un processo di avanzamento serio e ponderato.
Cosa porterà nel Pd?
Ciò che mi ha chiesto il segretario Zingaretti: rafforzerò l’area liberale e popolare per evitare lo schiacciamento a sinistra, sostenendo la vocazione maggioritaria del partito. Il Pd deve essere aperto, parlare all’Italia e fare sintesi di culture diverse, ritornando alla sua ispirazione originaria.
Non è un controsenso parlare di vocazione maggioritaria quando si parla di ritorno al proporzionale?
Io sono favorevole al proporzionale, perchè farà tornare a votare molta gente. Ma attenzione: i sistemi elettorali aiutano i processi, però la politica prescinde. Del resto guardi alla Lega: punta al 40% da sola, anche col proporzionale e si comporta da partito pigliatutto. Anche il Pd, da grande partito strutturato, deve avere l’obiettivo di parlare a tutti, trovando il giusto linguaggio per appassionare gli elettori.
Lei è sempre stata centrista, la sua collocazione naturale non sarebbe in Italia Viva?
E’ presto per valutare il progetto di Renzi, che è nato ed è stato messo in campo in modo molto veloce. Io mi auguro che sia una mossa vincente e che allarghi il fronte antisovranista. Credo comunque che sia stato un errore lasciare il Pd sguarnito sul fronte riformista e popolare e quindi qui lavorerà nel Pd: darò il mio contributo per allargare lo spazio politico, parlando con la società e interpretando i suoi bisogni.
Il governo traballerà?
Non credo che Renzi abbia interesse a mettere in pericolo il governo, ma potrebbe essere un effetto collaterale non voluto. Per questo serve grande cautela.
Quindi qualche timore c’è.
Questo governo è un laboratorio politico, nato da uno stato di necessità. Davanti alla richiesta di pieni poteri di Salvini noi non siamo saliti sull’Aventino ma ci abbiamo messo la faccia, con l’obiettivo di rompere l’asse sovranista- populista. Per ora, però, l’esperimento è ancora fragile e un nuovo gruppo parlamentare rischia, per avere visibilità, di alterare gli equilibri. Per questo dico: attenzione agli incidenti, perchè potremmo far rientrare Salvini dalla finestra.
Riuscirete a fare un governo popolare?
Dipenderà dalla nostra capacità di dare risposte alle persone. Salvini cavalca paure vere come l’ascensore sociale bloccato, la paura della globalizzazione, il costo del lavoro. Sono questioni vere a cui la Lega risponde con gli slogan, noi dovremo fare lo sforzo di articolare parole chiare. Il primo banco di prova sarà la legge di Bilancio, dove dovremo puntare sulle nostre imprese, sulla ricerca e sull’innovazione, ma anche fare un’operazione di giustizia sociale, a partire dall’educazione e dalla previdenza.
Coi 5 Stelle siete alleati in Parlamento, e sui territori?
Sono pragmatica: solo se ci sono le condizioni politiche per superare le differenze. E le condizioni sono: bravi candidati e buoni contenuti. Del resto, oggi viviamo in stato di necessità e la fame aguzza l’insegno.