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C'è qualcosa di morboso e che va oltre la politica in questo continuo sparare sulla croce rossa. Parliamo del grande sconfitto delle elezioni, il Partito democratico, che in questi giorni vive l'ennesimo piscodramma, l'ennesima umiliazione della sua breve storia. LEGGI ANCHE / Tonfo dem: al Nazareno è già processo a Enrico Letta LEGGI ANCHE / Cacciari: "Il Pd rischia di sparire come i socialisti francesi" Elencare gli errori commessi dai dirigenti piddini nel corso degli anni è un esercizio stucchevole e ci vorrebbe un'enciclopedia. Senz'anima, senza sostanza, senza identità, senza progetto, senza coraggio, chino ai poteri forti, vile come Don Abbondio, tentennante come Carlo Alberto, lontano dalla "gente", dal "popolo" e bla bla bla. E dire che ha anche dei difetti. Ma l'accanimento con cui il Partito democratico viene accompagnato al patibolo eccede le colpe di chi, in fondo, è la prima vittima di se stesso. La batosta elettorale di domenica è una punizione giusta e logica che dovrebbe bastare ad appagare la sete di sangue. Qui invece siamo quasi al vilipendio di cadavere, alla profanazione di cimitero. Sembra che ogni italiano abbia un buon motivo per accanirsi sui poveri resti dem e che provi un sottile godimento nello sbranare quel corpo straziato. Chi con rabbia perché "ha tradito la sinistra", chi con sarcasmo citando l'immancabile Capalbio e la Ztl, chi con pedanteria e lezioncine per "ripartire dai territori" o dai "giovani", o dalle "donne", chi con compiaciuto bullismo, così per ingannare la noia. Insomma, il tiro al Partito democratico è uno sport nazionale che mette d'accordo davvero tutti, da sinistra a destra. Perché agli italiani piace salire sul carro dei vincitori, ma ancora di più prendere a mazzate quello degli sconfitti.