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Ieri vi abbiamo raccontato di quanto accaduto all’avvocato Simona Giannetti, silenziata con un clic durante un processo per direttissima: in una udienza da remoto, mentre discuteva con il pm per una questione preliminare, viene ammutolita dal giudice che le spegne d’imperio il microfono. «Noi penalisti finiamo per essere gradualmente e magicamente espulsi dal processo come un fastidioso malware, di cui si può fare a meno», ha detto al Dubbio. L’inquietudine dell’avvocato Giannetti e di tanti altri colleghi contrari alla remotizzazione del processo appartiene sicuramente anche al leader dei penalisti italiani, l’avvocato Gian Domenico Caiazza, che ci dice: «Ciò che è accaduto alla collega conferma le nostre preoccupazioni e la giustezza della nostra posizione: il processo penale non può essere smaterializzato. E una delle ragioni per le quali questo non deve accadere è proprio la tutela della fisicità del processo penale, che serve a scongiurare la possibilità che viene data al giudice con un semplice clic di zittire il difensore».
Naturalmente non si tratta dell’unico aspetto del problema, sottolinea il presidente dell’Unione Camere penali: «Smaterializzare il processo significa perdere la percezione di quello che sta accadendo in aula, significa non riuscire a captare le reazioni psicofisiche del testimone che si sta controesaminando, significa non avere da parte del difensore il controllo sull’attenzione del giudice. Sono tutti elementi insostituibili, indispensabili e inderogabili del processo penale. Se a ciò si aggiunge che trasferendosi su una piattaforma con tanti quadratini si possono consentire atti di questa gravità, come successo all’avvocato Giannetti a cui è stata tolta la voce, questo ci fa capire quanto è difficile la situazione».
Ci sarebbe da ipotizzare che il giudice non si sarebbe mai permesso di usare lo stesso metodo di silenziamento con il pubblico ministero: «Non è importante fare questo tipo di valutazione. Anche se il giudice fosse equanime sarebbe un fatto grave lo stesso, anche se immagino che un giudice toglierebbe la parola a un pm con molta più difficoltà. Comunque è vero che il giudice dà e toglie la parola, ma privare il difensore della possibilità di reagire fisicamente anche a un ordine del tipo ' si taccia, le tolgo la parola' è qualcosa di innaturale».
Nel raccontare la sua vicenda al Dubbio, l’avvocato Giannetti si è chiesta se non sia necessaria una regolamentazione rigorosa dello svolgimento delle udienze a distanza: «La posizione dell’Ucpi - precisa Caiazza- è chiara su questo: noi non chiediamo alcuna regolamentazione. Noi chiediamo la conferma del pacchetto giustizia del Ristori così com’è e che ha posto addirittura il divieto della celebrazione da remoto delle udienze di istruttoria e di discussione». Tuttavia oggi una delegazione dell’Anm incontrerà il guardasigilli Alfonso Bonafede e fra gli argomenti di discussione ci sarà la richiesta di una proroga della normativa emergenziale per i processi penali e civili: «Si tratta - replica Caiazza - di un approdo ormai acquisito, definitivo; non si capisce in che termini il governo dovrebbe reintervenire su decreti legge appena convertiti. Non sono materie regolabili con un dpcm. Cosa gli vanno a chiedere: un Ristori ter con cui modifichiamo un decreto appena approvato?». Se così accadesse, «sarebbe gravissimo» per l’avvocato Caiazza, che avverte: «Saremo pronti a scatenare una reazione durissima».
Ieri abbiamo pubblicato anche un articolo in cui si dà conto dell’altra proposta che l’Anm porterà all’attenzione del ministro, ossia poter includere giudici e pm fra quelle categorie a rischio per le quali è giusto prevedere una priorità nelle vaccinazioni. Come riferito su queste pagine, secondo l’Anm «i magistrati rientrerebbero nella categoria degli “esercenti di un servizio di pubblica utilità”, quindi si troverebbero de facto su una corsia preferenziale per i tempi di vaccinazione», con la possibilità di estendere la vaccinazione anche agli avvocati». Secondo Caiazza «la proposta è giusta e sensata per il tipo di attività che noi avvocati facciamo e che afferisce a un servizio pubblico essenziale, quello della giustizia, che ci espone a rischi di contagio superiore alla normalità. Tutti vanno garantiti: magistrati, avvocati, cancellieri». A tal proposito chiediamo al presidente Caiazza se il raggiungimento di un numero adeguato di vaccinazioni tra gli operatori della giustizia possa incidere e mitigare le istanze di un processo da remoto. «Non mi sembra utile incamminarsi su questa strada», risponde. «Il processo da remoto è una ipotesi improponibile perché è ontologicamente incompatibile con la natura del processo penale».