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Si dirà: senza l’unità delle professioni non arrivano buone leggi per il ceto medio. Ecco che si avvera il contrario: una norma a suo modo rivoluzionaria come l’equo compenso, sollecitata dagli avvocati e ora sui binari del sì definitivo in Palamento, unisce tutte le categorie. Risveglia anche capacità di coordinamento e sinergia. Se n’erano visti i segni già prima che il Senato inserisse, grazie all’input di Pd e governo, le tutele per i professionisti nel decreto fiscale. Ma da martedì notte, da quando cioè la commissione Bilancio ha approvato l’emendamento sulle tutele ai professionisti, si rincorrono commenti positivi che segnalano anche un nuovo orgoglio del lavoro autonomo.
A tirare la volata verso una nuova consapevolezza degli Ordini continuano ad essere però le professioni giuridiche. È di ieri il segnale che qualcosa nella capacità d’iniziativa è cambiato: arriva da Verona, dove un convegno su “La responsabilità professionale” dà a notai, commercialisti e avvocati l’occasione per annunciare la nascita di un nuovo soggetto comune. A dare la notizia sono i leader dei tre organismi di rappresentanza: Salvatore Lombardo, presidente del Consiglio nazionale del notariato, Massimo Miani, che guida il Consiglio nazionale dei commercialisti, e il presidente del Cnf Andrea Mascherin. «Si chiamerà ‘ Economisti e giuristi insieme’», spiega il vertice dell’avvocatura. Tutti e tre i presidenti segnalano il primo obiettivo della la nuova “triplice delle professioni”: preparare immediatamente una «proposta esaustiva e articolata in 4 o 5 punti comuni» e chiedere ai partiti di «inserirla nel programma per le prossime elezioni». “Economisti e giuristi insieme” agirà anche «in sinergia con le altre preesistenti reti e associazioni che riuniscono diverse categorie». Ma è chiaro che sulle piattaforme del diritto e della giustizia, notai, commerciasti e avvocati uniti potranno esprimere un peso inedito nell’interlocuzione con la politica.
È solo una coincidenza che un passo del genere si compia proprio nei giorni dell’accelerazione sull’equo compenso? Si può dire che la stessa norma sulle tutele per i professionisti attesti lo spirito nuovo che spiega anche le intese tra categorie affini. Nelle ore del sì a Palazzo Madama, d’altronde, proprio il presidente Miani e altri componenti del Consiglio dei commercialisti come Giorgio Luchetta avevano riconosciuto «l’importanza dell’iniziativa assunta dal Consiglio nazionale forense». A Verona Miani ribadisce: «Si deve dare atto all’intuizione del Cnf, che sull’equo compenso ha aperto la strada». Con la professione legale i commercialisti hanno diverse basi comuni di discussione: «Il tema della qualificazione professionale, ad esempio, che passa anche per le specializzazioni», ricorda il presidente del Cndcec ( acronimo di Consiglio nazionale dei Dottori commercialisti e degli Esperti contabili). Di iniziative da assumere in sinergia, persino urgenti, ce ne sono anche con il Consiglio nazionale del notariato. Il cui presidente Lombardo spiega, dal palco del convegno, che «le specifiche norme sull’equo compenso non riguarderanno direttamente la nostra categoria, eppure il tema generale ci vede pienamente coinvolti. Mi riferisco», dice, «al fatto che noi notai siamo chiamati a svolgere una costante funzione di garanzia dalle inevitabili, significative ricadute in termini di costi sugli studi. Eppure non esistono riferimenti minimi di compenso idonei ad assicurare la sostenibilità dei nostri oneri. Tali fasce di compenso ci sono in tutta Europa, non da noi». Ma con l’equo compenso il riconoscimento delle professioni come funzione non riducibile a “commodity” compie un passo forse decisivo.