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Arrestato, detenuto e torturato. La storia di Patrick George Zaky somiglia a quella di Giulio Regeni, fortunatamente però la sua sorte non è stata la stessa anche se la vicenda fornisce il metro di quale sia il livello democratico nell’Egitto governato da al- Sisi.
E ieri gli stessi genitori di Regeni hanno lanciato un appello percé il ragazzo venga al più presto liberato dalle autprità egiziane. Arrivato al Cairo giovedì scorso, di ritorno dall’Italia dove studia all’università di Bologna, seguendo un master di Gender studies ( studi di genere), il 27enne Zaky è stato prelevato dalle forze di sicurezza, quel servizio segreto civile già tirato in ballo nel sequestro e la morte di Regeni.
Il racconto che ha fatto ai suoi avvocati è stato terribile: bendato al momento dell’arresto, interrogato per 30 ore consecutive, torturato con cavi elettrici. Il particolare inquietante emerso è che a Zaky è stato insistentemente chiesto dei suoi rapporti con la famiglia Regeni. Forse un atto d’intimidazione per l’attività del ragazzo impegnato anche nel settore dei diritti umani. I reati contestati sono numerosi: pubblicazione di false notizie che mirano a disturbare la pace; istigazione a protestare senza il permesso; tentativo di rovesciamento dello Stato; gestione di social media con lo scopo di minare l’ordine sociale e la sicurezza pubblica; istigazione al terrorismo.
Secondo l’avvocato Mohamed Lofty, direttore della Commissione egiziana per i diritti umani e consulente della famiglia Regeni, che ha rilasciato un’intervista ad Antonella Napoli per il Dubbio, sono ormai «oltre 5 mila le persone arrestate dall’inizio delle rivolte contro il presidente Abdel Fattah al Sisi, la prima protesta lo scorso settembre in piazza Tahrir. Per loro è normale prendere un ragazzo, uno studente, un attivista, un manifestante sbatterlo in galera, farlo scomparire e torturarlo per giorni».
Pratica confermata anche da Amr, un ragazzo amico di Zaky e che lavora a Berlino, il quale in una testimonianza raccolta dall’Ansa ha raccontato di «essere stato rapito dalle forze di sicurezza statali in Egitto e interrogato per 35 ore. Non ho subito elettroshock ma sono stato picchiato, bendato e legato. Mi hanno privato del sonno e hanno cercato di distorcere il tempo». Amnesty International ha chiesto la liberazione immediata di Patrick e Human Rights Watch ha affermato che l'arresto rappresenta una grave escalation della campagna egiziana contro gli attivisti. Il ministero degli Esteri italiano ha chiesto all'UE di monitorare il caso, ma dopo Regeni le relazioni ufficiali con il Cairo sono gelide.