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Negli ultimi cinque anni, il costo delle intercettazioni è stato di oltre un miliardo e 100mila euro. È quanto si evince dall’ultima Relazione sull’amministrazione della giustizia, che dà conto di tutte le spese di via Arenula. Un report che dà conto anche del numero di intercettazioni disposte ogni anno dalle procure d’Italia: circa 600mila bersagli, un dato parziale se si considera che la relazione è aggiornata ai primi sei mesi del 2019.
Stando al rapporto, i fondi per le intercettazioni sono sempre anticipati dall’erario, «salvo l’eventuale recupero a carico del condannato», ma tale settore rappresenta anche la parte più corposa del contenzioso della giustizia: è il mancato pagamento delle spese connesse al noleggio di apparecchiature per intercettazioni telefoniche/ ambientali, causato dall’insufficienza dei fondi sui capitoli per spese di giustizia, a rappresentare uno dei pesi maggiori – e costanti – per l’amministrazione dello Stato. La spesa, in ogni caso, ha subito nel corso degli anni una lenta ma costante diminuzione, fatta eccezione per il 2017. Nel 2019, dunque, lo stanziamento di bilancio per il settore è stato di 218.718.734, a fronte di una spesa che, «su base previsionale, può essere quantificata in linea con lo stanziamento di bilancio». Si è passati dai 300/ 280 milioni di euro relativi, rispettivamente, agli anni 2009 e 2010 ad una spesa di circa 245 milioni di euro per il 2015 ( anno in cui sono state effettuate, complessivamente, circa 132mila intercettazioni), vicina ai 205 milioni di euro nel 2016 ( 131mila intercettazioni circa) e attorno ai 230 milioni di euro nel solo anno 2017 ( quando sono state collezionate grosso modo 127mila intercettazioni). Nel 2018, invece, è stata registrata una spesa di circa 205 milioni di euro, a fronte di uno stanziamento di circa 230milioni di euro, per un totale di 120mila intercettazioni.
Complessivamente, ad aumentare sono le captazioni classificate sotto la voce “altre tipologie”, come informatiche, telematiche e così via – campo nel quale rientrano, dunque, anche i discussi trojan – che nel primo semestre del 2019 hanno già toccato quota 3.358, ovvero poco meno dell’intero 2018, che ha raggiunto quota 5.329. Ma come funziona il mercato delle intercettazioni? Ciascuna persona posta sotto controllo implica l’intercettazione di cinque “bersagli”, ognuno dei quali, in media, parla con almeno altre venti persone. Stando agli ultimi dati statistici disponibili, la prima procura in classifica è quella di Palermo, che nel 2017 ha speso 30.710.264 di euro in intercettazioni, per un totale di 8.948 bersagli. Segue Napoli con 16.963.668 euro e 16.540 bersagli, ovvero circa il doppia rispetto al capoluogo siciliano. Roma è tra i distretti che hanno speso di più per le intercettazioni, con 12.229.262 euro per un totale di 13.670 bersagli, mentre Milano, con 9.980 bersagli, ha sborsato 13.305.693 euro. In Calabria è il distretto di Reggio Calabria a vantare il primo posto: con 18.854.523 euro spesi per 7.457 bersagli batte il capoluogo Catanzaro, che per 6.390 bersagli ha speso 7.949.577 euro. Le intercettazioni sono invece poco usate a Campobasso, Trento, Perugia, Messina, Ancona, Brescia e Potenza, che rimangono sotto i 2 milioni di euro.