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Oggi l’Olanda corre alle urne nel primo dei tre appuntamenti elettorali europei del 2017, passaggi politici decisivi per un continente assediato dai populismi, guidato da classi dirigenti smarrite e lin crisi di identità. Anche nel paese dei tulipani l’estrema destra xenofoba e nazionalista cavalca l’onda del malcontento e la sua ascesa si incarna nelle fattezze eccentriche di Gert Wilders il leader del Partito della libertà ( Pvv), secondo tutti i sondaggi testa- a- testa con i liberali del Vvd, la formazione del primo ministro Mark Rutte.
Una manciata di voti li separa e, se dovesse spuntarla il Pvv, sarebbe la prima volta che un partito antieuropeo vince le elezioni in un paese fondatore dell’Unione. L’entrata al governo del paladino della “Nexit” ( la brexit olandese) è tuttavia improbabile: la legge elettorale proporzionale e il quadro politico iper- frammentato ( in Parlamento potrebbero entrare fino a 28 partiti) porteranno inevitabilmente i liberali a coalizzarsi con i cristiano- democratici del Cda e persino i laburisti del Cvda se fosse necessario.
Ma i partiti tradizionali hanno ben poco da esultare: nell’ultimo decennio la somma dei voti delle tre storiche forze dell’albero politico olandese è passata dal 80% a meno del 40%, stesso fenomeno accaduto in Austria dove alle ultime presidenziali si sono sfidati l’ecologista Alexander Van der Bellen e l’esponente della destra radicale Norbert Hofer con socialdemocratici e conservatori sconfitti al primo turno e con gli elettori in fuga.
Questa emorragia di voti delle classiche famiglie politiche europee si è tradotta nell’astensione, nella dispersione dei consensi ma anche nella crescita esponenziale di forze antisistema, come per l’appunto il partito di Wilders. Ma chi è e da dove viene l’uomo che fa tremare la fragile europa, colui che potrebbe spalancare il portone alle vittorie di Marine Le Pen in Francia e di Frauke Petry in Germania?
Le esternazioni islamofobe ( «Il Corano è peggio del Mein Kampf» ), l’ossessione per il conflitto di civiltà, la maniacale propaganda sulla protezione delle frontiere e della cultura cristiano- occidentale dalle “invasioni barbariche” tratteggiano una personalità estrema, incline al fanatismo. Ma il successo folgorante de Pvv, creato appena 10 anni fa, è figlio soprattutto del fiuto, del pragmatismo e del cinismo.
In un’intervista rilasciata allo Spiegel, Paul Wilders, fratello maggiore di Geert con cui non deve essere in ottimi rapporti, delinea un ritratto diverso dall’immagine pubblica del leader xenofobo: «Ha una forte avversione per l’Islam certo, ma questo è dovuto a degli elementi tattici. Nella vita di Geert c’è solo la politica, nient’altro, lei è l’inizio e la fine della sua felicità. Si definisce un uomo vicino al popolo ma in Olanda non esiste leader più lontano dal popolo di lui che vive segregato con sua moglie, sorvegliato 24 ore su 24 dalla scorta».
Gli attentati dell’ 11 settembre 2001, l’uccisione del suo “maestro ideologico” Pym Furtuyn ( assassinato però da un estremista ecologista e non da un jihadista) e del regista Theo Van Gogh più che suscitare in Wilders un verace moto di rivolta morale, gli hanno suggerito che nella società si stavano aprendo praterie politiche per l’intolleranza e la xenofobia, parterie da occupare con la sua seducente e minacciosa propaganda razzista.
Ciò non gli impedisce di difendere le sue tesi con veemenza e dogmatismo e di accalorarsi sinceramente nelle schermaglie dialettiche: «Quando ci incontriamo evitiamo di discutere di politica, è un soggetto tabù, altrimenti non ci vedremmo mai più, non è una persona che ama il compromesso, a nessun livello», confessa ancora il fratello.
Secondo i maligni ci sarebbe anche una profonda radice psicologica dietro questa avversione epidermica, molecolare della religione islamica, una specie di contorta rimozione. Il quotidiano francese Le Monde ha condotto un inchiesta sull’albero genealogico di Wilders scoprendo che la famiglia del leader populista «ha origini nelle isole indonesiane, colonie olandesi fino al 1949, la sua bizzarra capigliatura servirebbe a nascondere i tratti asiatici e un lignaggio da cui spunterebbe, ad esempio, una bisnonna di fede musulmana».