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Marco Lillo, vicedirettore del Fatto, sostiene che l'informazione colpevolista è imposta dal mercato
Sentir teorizzare le nuove regole deontologiche del giornalismo fa venire i brividi. Lo ha fatto lunedì sera il vicedirettore de Il Fatto quotidiano, Marco Lillo, ospite della trasmissione di Nicola Porro “Quarta Repubblica” su Retequattro, sostenendo: gli arresti vanno in prima pagina, le assoluzioni no. Proprio così. Lillo, al cospetto di una esterrefatta e indignata Gaia Tortora, ha testualmente detto: «Non so se Il Fatto ha dato notizia dell’arresto di Tirozzi (fiorista ingiustamente detenuto che ha passato ventuno mesi in carcere da innocente, ndr), ammetto che probabilmente non avremmo dato notizia della sua assoluzione. È la regola della notizia. La colpa di noi giornalisti è dare grande enfasi alle notizie quando ci sono gli arresti, ma non bisogna essere ipocriti». Alle giuste doglianze di Gaia Tortora, Lillo non si è perso d’animo, anzi ha ribadito: «Purtroppo è una regola dell’informazione. Se in una scuola di giornalismo diciamo che questa cosa non è vera, non diciamo la verità. Se in un bar dicessimo che c’è un traffico di stupefacenti la gente ci ascolterebbe, se dicessimo che c’è un signore assolto, non si girerebbero. C’è un dato di fatto che dobbiamo correggere, non affermo che sia giusto. Devi partite da questo presupposto, questo problema c’è. È un problema strutturale dell’informazione. Qualsiasi direttore ha il problema di venderlo, il giornale». E no, caro Lillo, queste non sono le regole della deontologia giornalistica: questo è sciacallaggio mediatico. A Quarta Repubblica il vicedirettore del Fatto quotidiano ha sostenuto che nessun giornale metterebbe in prima pagina una assoluzione. Anche in questo caso ha mistificato le cose: Il Dubbio, all’indomani dell’assoluzione del papà di Maria Elena Boschi al processo Etruria, ha aperto il giornale con l’intervista all’ex ministra. Ma non è la prima volta che il nostro quotidiano, purtroppo quasi isolato nel panorama editoriale, apre su una assoluzione o una vicenda di malagiustizia che per il Fatto e altri merita al più un trafiletto. La pluralità dell’informazione è fondamentale proprio per questo: per dare voce a chi non ce l’ha e, per motivi di mercato, su altri media non avrebbe spazio. Non a caso, quotidianamente pubblichiamo la pagina “Lettere dal carcere”, curata dall’ottimo Damiano Aliprandi, che si interessa di chi è privato della libertà. Non solo quando si tratta di casi eclatanti, magari pubblicati da altri con settimane o mesi di ritardo rispetto a noi, solo per vendere qualche copia in più. Lo sciacallaggio non ci appartiene.