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Finché l’Italia non otterrà la verità sulla morte di Giulio Regeni «i rapporti con l’Egitto non potranno dispiegarsi in tutta la loro potenzialità». È quanto ha detto ieri il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, durante le due ore di audizione davanti alla Commissione Parlamentare di Inchiesta sulla morte di Giulio Regeni. Polemiche da parte della Lega, secondo cui il tema «meritava di essere affrontato alla luce del sole» e non alle dieci di sera. Il premier ha quindi precisato che si è trattato di una scelta precisa, per non rischiare di «far slittare» l’audizione, vista la fitta agenda di Palazzo Chigi. A incalzare il presidente del Consiglio sono stati in particolari i commissari del Pd, Lia Quartapelle e Debora Serracchiani, che hanno chiesto quali siano le potenzialità dei rapporti fra Italia ed Egitto che non sarebbero dispiegate in questo momento, data anche la vendita «senza precedenti» di armi italiane a Il Cairo, come ha sottolineato Quartapelle. «I nostri rapporti bilaterali non potranno svilupparsi pienamente finché non sarà stata fatta luce sul barbaro assassinio di Giulio Regeni», ha sottolineato Conte: «Su queste basi mi sono rivolto al presidente egiziano anche durante la telefonata del 7 giugno. In occasione di questa conversazione ho chiesto una collaborazione più intensa. Il presidente ha sempre manifestato nei nostri colloqui, anche in quello di domenica, di voler perseguire questo obiettivo ritenuto essenziale per le nostre relazioni». Conte ha citato come esempio l’interruzione dei vertici intergovernativi: «Ho incontrato Al Sisi sempre all’Estero, in occasione di vertici multilaterali. Far correre relazioni a seguito di vertici intergovernativi è un moltiplicatore delle relazioni bilaterali». Sui colloqui con Al Sisi, Conte ha riferito riservatamente ai commissari anche la parte relativa alle risposte fornite dal presidente egiziano, sottolineando la necessità di «battere i pugni sul tavolo» e «guardare negli occhi Al Sisi» per «richiamare l’attenzione che spetta all’Italia». Nonostante questo, però, Conte ha precisato come non sia possibile e, anzi, sarebbe controproducente rompere definitivamente con un Paese che un ruolo chiave nell’assetto geopolitico mediorientale: «Il Cairo può avere un ruolo non marginale in dossier come il conflitto in Libia, così come nella gestione dei flussi migratori e nella collaborazione in campo energetico. Interessi che vanno al di là della mera collaborazione economica». Inoltre, anche ai fini dell’accertamento della verità sulla morte di Giulio Regeni, «di sviluppi ce ne sono stati, non è vero che ci sia una completa stasi: c’è stata l’alternarsi della autorità giudiziaria al Cairo. L’autorità italiana sta dispiegando una grandissima attività», come dimostrerebbe anche il vertice fra le procure di Roma e quella egiziana in programma il primo luglio: «Allo stato è meglio un dialogo franco e a tratti frustrante piuttosto che l’interruzione dei rapporti». Certo, «non abbiamo ottenuto molto, ma non significa che una diversa postura ci porti a una più intensa cooperazione: ho incontrato sei o sette volte il presidente Al Sisi. Il fatto di guardarlo negli occhi ed esprimere il rammarico in un colloquio diretto non ha portato risultati. Non sono stato capace ed è quello che ho detto alla famiglia Regeni. Erano dispiaciuti del fatto che con questa presenza diplomatica in loco non ottenessimo risultati. Ho detto loro che se la dovevano prendere con me e non con il rappresentante diplomatico». L’obiettivo del governo è ottenere la rogatoria per poter tenere il processo sotto l’ordinamento italiano. Fino ad allora, ha assicurato il premier, «rimarremo inflessibili fino a quando avremo ottenuto verità».