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Dopo la condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo, ovvero la sentenza Viola contro l’Italia del 13 giugno scorso, l’ergastolo ostativo torna nuovamente all’esame della Corte costituzionale sulle due questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 4 bis sollevate dalla prima Sezione della Cassazione e dal Tribunale di sorveglianza di Perugia nei casi, rispettivamente, Cannizzaro e Pavone. Se nel caso Viola si discuteva dell’impossibilità di richiedere la liberazione condizionale per mancata collaborazione con la giustizia, la discussione del prossimo 22 ottobre si concentra proprio sul perché il requisito della collaborazione renda di fatto inapplicabile la richiesta del permesso premio. Secondo il giudice della Cassazione che ha sollevato l’illegittimità costituzionale relativo al caso Cannizzaro, l’esclusione dell’applicazione del beneficio penitenziario in mancanza della scelta collaborativa, senza consentire al giudice una valutazione in concreto della situazione del detenuto, sarebbe «in contrasto con la finalità rieducativa della pena, non tenendo conto della diversità strutturale, rispetto alle misure alternative, del permesso premio che è volto ad agevolare il reinserimento sociale del condannato attraverso contatti episodici con l’ambiente esterno». Il Tribunale di sorveglianza di Perugia a firma del magistrato Fabio Gianfilippi solleva l’analoga questione di legittimità costituzionale nei confronti dell’ergastolano Pavone. Il 22 ottobre saranno quindi presenti i rispettivi avvocati dei due ergastolani. L’avvocato Vianello Accorretti per il caso Cannizzaro e gli avvocati Michele Passione e Mirna Raschi per il caso Pavone. La parte però più interessante è che all’udienza parteciperanno anche i cosiddetti amicus curiae, ovvero le parti terze che, nonostante non siano parte in causa, offrono un aiuto alla Consulta per decidere. Per il caso Pavone si affiancherà l’avvocata Emilia Rossi, per l’autorità del Garante nazionale delle persone private della libertà, e l’avvocato Vittorio Manes per l’Unione Camere penali italiane. Per quanto riguarda il caso Cannizzaro si affiancherà l’avvocato Andrea Saccucci per Nessuno Tocchi Caino e l’avvocato Ladisalao Massari per Marcello Dell’Anna. Ma chi è quest’ultimo? Si tratta di un ergastolano ostativo ed è la prima volta nella storia che un detenuto, per di più ergastolano, interverrà in un giudizio incidentale di legittimità costituzionale. Un amicus curiae che, grazie al suo ravvedimento, è il simbolo di chi – pur non collaborando per svariate ragioni – ha tutte le carte regola per uscire dal carcere visto l’evidente riabilitazione, ma ne rimane imprigionato per la mancata collaborazione con la giustizia. D’Anna ha varcato le soglie del carcere quando aveva poco più di 20 anni. Apparteneva alla Sacra corona unita e ha commesso un duplice omicidio in un contesto mafioso. Ora ha 52 anni e dopo 27 anni di detenzione è ancora dentro nel carcere di Nuoro e rischierà di non uscirne più. Nel corso della sua detenzione ha elaborato una visione critica del passato, ha ripudiato la violenza e ha scelto “l’arma” del Diritto. Infatti si è laureato in giurisprudenza con lode all’Università di Pisa, discutendo la tesi sui diritti fondamentali dei detenuti e sul regime del 41 bis. Ma non solo. Nel 2014, la Scuola forense di Nuoro ha deciso di dargli una mano nel percorso di riscatto e gli ha affidato il ruolo di coordinatore interno e di relatore principe nel corso di formazione giuridica per avvocati. La sua famiglia però vive in Puglia. Il mare complica la possibilità di incontrarla. C’è anche una bella storia d’amore. Lasciò sua moglie quando aveva 21 anni. Ma nel 2016 si sono riabbracciati e si sono risposati proprio il giorno di Natale. Marcello Dell’Anna è un ergastolano ostativo, un sepolto vivo. Ha finito di scontare la pena per il 416 bis, ma gli rimane l’aggravante mafiosa per l’omicidio. Ed è lì che continua ad esserci il 4 bis, quella parte in cui gli vieta le misure alternative non avendo scelto di collaborare. La questione l’ha sollevata anche lui ricorrendo alla Cassazione. Quest’ultima l’ha accolta, ma attenderà di decidere dopo la sentenza della Consulta del 22 ottobre. Sì, perché i casi Cannizzaro e Pavone sono sovrapponibile al suo. Ma in realtà è sovrapponibile a tutti quei “sepolti vivi” che, nonostante il ravvedimento e la mancanza di pericolosità sociale, sono costretti a rimanere il resto dei loro giorni dentro quelle quattro mura. Forse il 22 ottobre, la Corte costituzionale potrebbe decidere di ridare il potere ai magistrati di sorveglianza di poter valutare se concedere o meno quei benefici negati a prescindere. Forse sarà decisivo anche l’aiuto dell’ergastolano Marcello D’Anna.