La proposta è in discussione in Commissione Giustizia martedì ma a sorpresa potrebbe incontrare anche il favore del ministro Alfonso Bonafede. Si tratta della modifica all'articolo 315 del codice di procedura penale, in materia di trasmissione del provvedimento che accoglie la domanda di riparazione per ingiusta detenzione, ai fini della valutazione disciplinare dei magistrati, proposta dal parlamentare forzista Enrico Costa. E l'inaspettato possibile placet del Guardasigilli avvalora anche le ipotesi di sostegno del partito del Cav al governo.
Il no dell'Anm alle sanzioni
Bonafede, nelle scorse settimane, ha avviato un monitoraggio dei casi effettivi di "ingiusta detenzione" - circa 1000 l'anno secondo il report di "Errorigiudiziari.com" -, anche per verificare il comportamento tenuto dai magistrati che hanno sbagliato. Un'idea che non piace all'Anm, come riporta Repubblica, che tramite il segretario Giuliano Caputo sostiene l'esistenza di strumenti già deputati a verificare e punire gli errori. «Abbiamo già efficaci strumenti per accertare eventuali errori e un rigoroso sistema di responsabilità civile e disciplinare. Questa modifica è inutile e rischia di condizionare l'adozione di iniziative cautelari proprio nella fase in cui i magistrati sono chiamati ad operare scrupolosamente, sulla base di elementi frammentari, un difficile bilanciamento tra le fondamentali garanzie di libertà e le esigenze di tutela della collettività. Che si tratti dell'ennesima norma manifesto è confermato dal riferimento alla "superficialità", concetto e terminologia del tutto estranei al mondo del diritto». D'altronde, proprio il sistema di sanzioni è uno dei punti più criticati da parte delle toghe, che hanno deciso di mettere i bastoni tra le ruote al ministro al tavolo per la riforma del processo penale, prima disertato, poi riaggiornato giovedì scorso, ma giusto per ribadire il proprio no, questa volta assieme all'avvocatura, anche se per motivi diversi. Enrico Costa, responsabile Giustizia di Forza Italia, è dunque convinto che la maggioranza sarà con lui: «Se viene tolta la ingiustamente la libertà a una persona, non può pagare solo lo Stato, ma occorre fare chiarezza e verificare se ci sono state negligenza o superficialità da parte del magistrato che come pm ha richiesto l'arresto o come gip lo ha disposto. Ci sono vite distrutte per arresti decisi con troppa disinvoltura. Talvolta ai limiti del sequestro di persona».
Ecco cosa prevede la proposta di legge
Il provvedimento all'esame dell'Assemblea modifica gli articoli 314 e 315 del codice di procedura penale con due finalità: ampliare i presupposti del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione, adeguando il dato normativo alla giurisprudenza della Corte costituzionale, e prevedere la trasmissione al ministro della Giustizia e - in caso di grave violazione di legge - anche al Procuratore generale presso la Cassazione, delle ordinanze di accoglimento della domanda di riparazione per ingiusta detenzione. Ciò per agevolare la conoscenza di questi provvedimenti da parte dei due soggetti titolari dell'azione disciplinare nei confronti dei magistrati. In particolare, le modifiche prevedono dunque che chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ha diritto a un'equa riparazione per la detenzione subita a causa di arresto in flagranza o di fermo di indiziato di delitto e per la custodia cautelare subita, qualora non vi abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave. Lo stesso diritto spetta al prosciolto per qualsiasi causa o al condannato che nel corso del processo sia stato sottoposto a custodia cautelare, quando con decisione irrevocabile risulti accertato che il provvedimento che ha disposto la misura è stato emesso o mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilità previste dagli articoli 273 e 280 ovvero sia stato sottoposto ad arresto in flagranza o a fermo di indiziato di delitto quando, con decisione irrevocabile, sono risultate insussistenti le condizioni per la convalida. Il diritto a un'equa riparazione spetta altresì a chi abbia ingiustamente patito la detenzione a causa di un erroneo ordine di esecuzione. La proposta di legge, inoltre, inserisce il comma 3-bis nell'art. 315 c.p.p. per disporre che l'ordinanza che accoglie la domanda di riparazione sia trasmessa, sempre, al ministro della Giustizia e, solo in caso di grave violazione di legge o delle norme sulle misure cautelari personali, anche al Procuratore generale presso la Corte di cassazione. La modifica dunque, con esclusivo riferimento alle ordinanze che accolgono le istanze per ingiusta detenzione, deroga alla simmetria informativa prevista dall'articolo 14 del d.lgs. n. 109 del 2006, che impone a Csm, consigli giudiziari e dirigenti degli uffici giudiziari di comunicare sia al ministro della giustizia che al Pg presso la Corte di Cassazione «ogni fatto rilevante sotto il profilo disciplinare». La valutazione circa la sussistenza del possibile presupposto della grave violazione di legge, che impone di trasmettere l'ordinanza anche al Pg e non solo al ministro, è rimessa al magistrato che si pronuncia sull'istanza di riparazione.