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Anni fa, molti anni fa, la magistratura italiana fu scossa da uno dei conflitti interni più clamorosi mai annoverati nei suoi annali: la rivolta, con tanto di raccolta firme, di 60 sostituti contro l’allora procuratore di Napoli Agostino Cordova. Vicenda clamorosa, che si riverberò telluricamente anche nella politica propriamente detta, divisa tra l’allora guardasigilli del centrodestra, Roberto Castelli, favorevole al capo dei pm partenopei, e il centrosinistra scettico sui metodi del super magistrato.
Ovviamente i rapporti di forza fra partiti valsero nulla davanti al Csm, che prese la sua decisione: trasferimento di Cordova per incompatibilità ambientale. Pare che la stessa insofferenza verso un procuratore sì idealmente ispirato alla moderazione ma dotato dello stesso nerbo nel comando, Giuseppe Pignatone, condizioni ora le scelte per la sua successione. Scelte sulle quali ieri la quinta commissione del Consiglio superiore, preposta all’assegnazione degli incarichi direttivi, ha offerto un’indicazione chiara: meglio un profilo più discreto, schivo e meno “interventista” come quello del procuratore generale di Firenze Marcello Viola. Meglio una figura come la sua, da cui parte dalla magistratura capitolina trae alimento per quella che forse è un’illusione: poter reinstaurare alla Procura di Roma un “regime” più “democratico”.
Comunque sia meglio Viola, che in commissione ha ottenuto 4 voti, dei suoi due competitors. Ossia Franco Lo Voi, procuratore di Palermo — noto, fra le altre cose, per aver preteso un rigoroso rispetto delle prerogative del “capo” da pm di peso come Nino Di Matteo e Teresa Principato —; e Giuseppe Creazzo, attuale vertice della Procura di Firenze, a sua volta congiunto a Pignatone da un pregresso lavoro comune nel distretto di Reggio Calabria.
Insomma, l’illusione è che con Viola il più importante ufficio inquirente d’Italia, quello di Roma appunto, sia rinfrescato da una ventata di maggiore “democraticità” e autonomia per i singoli sostituti. Se ne sottovaluta probabilmente, il polso di dirigente, dissimulato dietro il piglio meno “invasivo”. E questo, ammesso che il plenum confermi l’esito di ieri in commissione, andrà verificato. Ma certo il primo round parla chiaro. In commissione Viola ottiene 4 voti su 6.
Il più “pesante” è quello del suo gruppo associativo di riferimento, Magistratura indipendente, che è anche la stessa corrente in cui si riconosce Franco Lo Voi: il consigliere di “Mi” Antonio Lepre ha dato la sua preferenza all’attuale pg di Firenze, ed è stato seguito da Piercamillo Davigo, che è il leader di Autonomia & indipendenza, e da due laici indicati dai partiti dell’attuale maggioranza politica: Fulvio Gigliotti (scelto dal M5s) e Emanuele Basile (di area Lega). Lo Voi, paradossalmente, incassa la preferenza del togato di Area, Mario Suriano, anziché del suo gruppo. A votare per l’altro nome forte, Creazzo, è invece solo il consigliere della sua corrente, ossia Gianluigi Morlini di Unicost, che è anche il presidente della quinta commissione.
Su ciascuno dei tre andrà ora preparata la relativa “proposta di nomina”, servirà quindi il “concerto” del ministro della Giustizia. Poi si andrà in plenum. Dove può accadere ancora di tutto, considerato che — se pure fosse appoggiata da tutti e cinque i laici di Lega e M5s — a “Mi” servirebbe il sostegno di entrambi i vertici della Cassazione, oltre ai due voti di A&I, per avere la maggioranza su Viola.
In teoria la partita potrebbe risolversi già a metà giugno. Tempi record, che confermano come dalla scelta per la Procura di Roma dipendano a cascata molte delle altre principali nomine. Basti pensare che mentre Pignatone è in pensione “solo” da un paio di settimane, il posto di procuratore a Torino attende di essere assegnato addirittura da inizio dicembre, da quando cioè si congedato Armando Spataro.
L’idea che il vantaggio di cui gode da ieri Viola sia legato alla presunta discontinuità del suo profilo rispetto a Pignatone si regge, evidentemente, sul presupposto che Magistratura indipendente si sia fatta carico di quell’esigenza di “cambiare passo” espressa da alcuni pm capitolini. Certo, non è detto sia l’aspetto determinante. Ma già la settimana scorsa un incisivo retroscena della Stampa indicava proprio in quella attesa di discontinuità l’elemento che avrebbe potuto penalizzare Lo Voi.
«Se davvero l’idea è che si debba virare dalla linea Pignatone, è un’idea sbagliata», spiega in via riservata un sostituto in servizio a Roma che si riconosce in Area. «In ogni caso il mio gruppo non è affatto spaventato, come s’è visto, dall’idea di sostenere un candidato riconducibile a un’altra corrente», cioè Lo Voi. Il quale è il solo che oggi diriga un ufficio, la Procura di Palermo, almeno lontanamente paragonabile a quello della Capitale, il più importante d’Italia visto che da lì si indaga anche sul governo del Paese.
Viola ha una grande esperienza nell’antimafia (in questo non è che il procuratore di Palermo sia da meno) ma non ha mai diretto una Procura distrettuale. Requisito che vanta invece Creazzo, ma in un ufficio meno “centrale” qual è la Procura di Firenze. E la valutazione comparativa sul “merito” pesa eccome. Lo ha ricordato, in chiave generale, anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. E il caso del posto di viceprocuratore Antimafia, assegnato a Maria Vittoria De Simone solo dopo un contenzioso amministrativo durato due anni e mezzo, sta lì a ricordarlo.