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Pietro Curzio, appena decaduto da primo presidente della Cassazione
«La norma si deve sempre confrontare con l'umanità». Le parole di Pietro Curzio, alla sua prima uscita pubblica da primo presidente della Corte di Cassazione, sono quelle che chiudono e riassumono l’incontro di ieri nella sede del Consiglio nazionale forense, il primo in presenza nella sede istituzionale dopo l'emergenza sanitaria. Un incontro organizzato con lo scopo di presentare il manuale “La Cassazione civile. Lezioni dei magistrati della Corte suprema italiana” (Cacucci Editore), che ha tra i propri autori il neo eletto presidente della Corte costituzionale, Mario Morelli, ieri presente in sala, e che è diventato uno spunto per ribadire l’urgenza di un diritto che valorizzi la giustizia, prima che la legalità. Il libro, curato da Curzio e dai consiglieri della Cassazione Maria Acierno e Alberto Giusti, nasce come raccolta delle lezioni impartite ai nuovi giudici del Palazzaccio, ma ben presto l’iniziale fine didattico si è mescolato ad uno scopo culturale ben più ampio, frutto di un confronto aperto tra magistrati. Diversi i temi esaminati: dalla struttura degli atti, al rilievo del fatto, passando per la “forza” del precedente e i profili della continuità della giurisprudenza di legittimità. All’incontro, moderato dalla consigliera del Cnf, Carolina Rita Scarano, erano presenti, tra gli altri, il presidente del Consiglio di Stato, Filippo Patroni Griffi e il primo presidente emerito della Corte di cassazione, Giovanni Mammone. L’importanza dell’approccio empatico «La formazione - affinché possa essere tale - non può prescindere dal confronto e dal dialogo, in uno scambio reciproco», ha evidenziato in apertura Maria Masi, presidente facente funzioni del Cnf, che ha sottolineato, a proposito del volume, «l'attenzione e l'approccio al caso, al fatto e quindi all'esigenza concreta e attuale del cittadino che chiede giustizia, nonostante l'esigenza di equilibrio e i limiti, in senso funzionale del giudizio di Cassazione, solo apparentemente astratto dalla contingenza». Dalle pagine del volume, ha sottolineato, emerge con chiarezza «l'approccio empatico alla domanda di giustizia, essenziale se le si vuole garantire il ruolo che le compete». E cogliendo l’occasione per parlare della riforma della Giustizia attualmente in cantiere, Masi ha sottolineato l’esigenza che la stessa non prescinda «dal ripensamento e dalla riorganizzazione dell’intero settore, parallelamente a un ripensamento culturale e del modo di operare anche di magistrati e avvocati». Per farlo, ha aggiunto, è necessaria la collaborazione tra questi ultimi, «collaborazione che per noi rappresenta non un auspicio, ma un impegno che, sono certa, sarà condiviso». Un ponte con il futuro Il manuale rappresenta, dunque, una sorta di «ponte con il futuro», ha sottolineato Scarano, partendo da quanto accade concretamente nel palazzo della Cassazione e analizzato attraverso la lente delle norme. Il tutto, ha spiegato Antonio Carratta, professore ordinario di Diritto processuale civile all’Università Roma Tre, passando attraverso posizioni differenziate e, a volte, totalmente opposte, garanzia, però, di un confronto costruttivo. Come nel caso della questione dell'inammissibilità del ricorso e il cosiddetto principio di autosufficienza, dal quale si può cogliere come all’interno della giurisprudenza della Cassazione esistano «un orientamento più formalistico e uno più sostanzialista». Una divergenza di opinioni che «va a ricadere sulla limitazione all’accesso del ricorso per Cassazione». E ciò è evidente anche nell’ultima riforma in tema di ricorso, ovvero quella del 2016, che ha generalizzato il procedimento in camera di consiglio, con la conseguente marginalizzazione dell’udienza pubblica. Una soluzione «non a perfetta tenuta», per Carratta. Un ultimo aspetto è quello che attiene alla trasformazione del ruolo della Cassazione, che muta in base al contesto storico. E l’evoluzione che ha subito l’istituto del ricorso alla Suprema Corte, in questa epoca, è legata alla crisi dell’impostazione positivistica, che è andata via via perdendo forza. «Oggi - ha concluso Carratta - è evidente lo spostamento dell’asse portante dell’ordinamento dalla legge all’interpretazione». «Evitare vittime innocenti» Il punto di vista dell’operatore pratico è quello di Antonio De Notaristefani, presidente dell’Unione nazionale delle Camere civili, che non ha nascosto il timore, da parte di chi difende i diritti del singolo, di rimanere «travolti» dal ricorso per Cassazione. Ed è per questo che ha ribadito l’appello ad una disciplina che non sia solo formalmente rigorosa, ma che venga «interpretata in termini umani», così come in passato. Col tempo, infatti, «sono cambiate le prassi, senza che siano cambiate le norme». «Sappiamo tutti che il principio di autosufficienza - il cui rispetto impone che il ricorso contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, senza la necessità di rinviare a fonti esterne, ndr - ha fatto molte vittime. Ed è importante evitare che nel futuro ci siano altre vittime innocenti», ha evidenziato. Il secondo aspetto riguarda le modifiche relative ai vizi motivazionali, che ha creato un vuoto di tutele. E ciò anche alla luce del fatto che la nomofilachia sembra essere diventata la missione più importante della Cassazione. «Ma per chi fa l’avvocato e difende i diritti dei cittadini, dei quali non si può trascurare l’importanza - ha aggiunto De Notaristefani -, la nomofilachia si deve estrinsecare decidendo processi delle parti e non semplicemente affermando principi di diritto. Credo che quel vuoto di tutela debba essere riempito». La strada per colmarlo potrebbe stare nella ricerca di un punto di equilibrio tra la salvaguardia dei limiti propri del giudizio di Cassazione e l’ansia di giudizio del caso concreto, che è essenziale affinché un giudice di legittimità non si trasformi in un burocrate della legge. «Speriamo che la Cassazione, sotto la presidenza di Curzio, possa continuare nella difficile ricerca di equilibrio tra esigenza di legalità ed esigenza di giustizia. Il processo - ha concluso - deve restare un mezzo, non un fine, perché l’esigenza di giustizia deve prevalere sempre sull’esigenza di legalità». «La norma si deve sempre confrontare con l’umanità» Il primo incontro pubblico di Curzio è avvenuto, dunque, nella “casa” degli avvocati. Una «scelta naturale - ha sottolineato -, il segno di come verrà naturale, in futuro, mantenere un forte dialogo tra noi giudici di Cassazione e il mondo forense, perché insieme esercitiamo la giurisdizione». E sono proprio gli avvocati, ha quindi aggiunto il primo presidente, a costruire dai fatti, a volte dalle tragedie, le ipotesi e la tutela dei diritti. «Siete voi avvocati a farlo - ha spiegato - e noi veniamo in un secondo momento. Ne dobbiamo essere ben consapevoli, ai fini delle responsabilità che abbiamo». E ciò sempre tenendo conto che il diritto non è pura formula, ma affonda le radici nella vita reale. «Parliamo di persone. La norma - ha concluso Curzio - si deve sempre confrontare con l'umanità. Questa, con i nostri limiti, è la nostra aspirazione».