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Torna nuovamente a far discutere la modifica della normativa sulle intercettazioni telefoniche voluta dall’allora ministro della Giustizia Andrea Orlando. L’entrata in vigore della nuova disciplina sarebbe prevista per il prossimo primo gennaio. Il condizionale è d’obbligo perché nelle ultime ore si è concretizzato un nuovop rinvio di 6 mesi, mediante un emendamento da inserire nel ddl “Mille proroghe”. Iniziativa che ha già suscitato la contrarietà del Pd.
Se passasse l’emendamento ipotizzato a via Arenula, si tratterebbe del quarto rinvio. La riforma Orlando, contenuta nel decreto legislativo 216 del 29 dicembre 2017, doveva inizialmente entrare in vigore il 26 luglio 2018. Uno dei primi provvedimenti del ministro Alfonso Bonafede era stato quello di posticiparne l’avvio al 31 marzo 2019. «Impediamo che venga messo il bavaglio all'informazione» perché «la riforma Orlando era stata scritta con l'intento di impedire ai cittadini di ascoltare le parole dei politici indagati», aveva detto il guardasigilli.
In generale, da parte del Movimento 5 Stelle era radicata la convinzione che la riforma fosse la conseguenza del l’indagine Consip. E lo stesso Bonafede era parso piuttosto diffidente rispetto ai reali obiettivi del provvedimento: «Ogni volta che qualcuno del Pd veniva ascoltato, qualcuno del Pd tendeva a tagliare la linea. Riscriveremo la norma' sulle intercettazioni attraverso un percorso partecipato. Ho già ricevuto contributi importantissimi, arriveremo ad una riscrittura che troverà un punto di equilibrio tra tutti i diritti in gioco», aveva poi aggiunto Bonafede, sottolineando come «la norma che abbiamo bloccato ledeva tutti i diritti in gioco».
Immediata era stata la replica di David Ermini, all’epoca responsabile Giustizia dei dem e fra gli autori del testo: «Il blocco servirà soltanto a lasciare le cose come sono. Cioè, senza tutela per i cittadini onesti e perbene che, pur non essendo coinvolti nelle indagini, si troveranno sbattuti in prima pagina e continueranno ad avere la loro vita privata rovinata senza che nessuno ne risponda mai. Sarebbe gravissimo. A chi giova che le cose rimangano così come sono? Bonafede risponde alle esigenze dei cittadini o pensa di continuare a promettere tutto a tutti come faceva dall’opposizione?» .
La riforma Orlando, nelle intenzioni, prevede maggiori garanzie per l’imputato a tutela del diritto alla privacy. In pratica, consente di escludere da verbali e ordinanze «ogni riferimento a persone solo occasionalmente coinvolte dall'attività di ascolto e di espungere il materiale non rilevante a fini di giustizia». Sono previste pene fino a 4 anni di reclusione per la divulgazione fraudolenta di quei contenuti. Per i detrattori, invece, il testo è bollato come “legge bavaglio”.
Molti magistrati hanno manifestato fin da subito il loro dissenso. Fra i punti più controversi, la mancata fornitura degli archivi informatici agli uffici, l’assenza di software gestionali adeguati, le difficoltà logistiche nel reperire spazi dove installare gli archivi, la necessità di chiarire le modalità di archiviazione delle conversazioni e quelle di accesso da parte degli avvocati.
L’Anm, in particolare, critica lo «strapotere valutativo della polizia giudiziaria» di trascrivere le intercettazioni ritenute rilevanti ai fini delle indagini. Va ricordato, però, che se la pg avesse dei dubbi sulle telefonate da trascrivere, potrà informare il pm con un atto formale. Questi sarà chiamato a decidere se autorizzare o meno l’inserimento della telefonata.
La direzione e la sorveglianza dell’archivio riservato spetta esclusivamente al procuratore della Repubblica. Concluse le operazioni di ascolto e depositato del materiale, i difensori potranno ascoltare le telefonate ma non estrarne copia o registrarle.
Va chiarito però che la ragione dell’ulteriore proroga ipotizzata dal governo non deriva tanto da persistere di una diffidenza rispetto ai contenuti del decreto. «La previsione di un rinvio di 6 mesi è stata inserita nel milleproroghe solo per ragioni di cautela», si è fatto sapere dal ministero della Giustizia. Con la precisazione che rispetto ai contenuti più problematici, in particolare per le difficoltà d’accesso dei difensori al materiale intercettato e non trascritto, cioè la disponibilità a intervenire con un ulteriore decreto correttivo, in modo da rendere non necessaria la proroga, che sarebbe appunto la quarta della serie.