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Superato ancora una volta il record del mese precedente, che già sanciva un numero di sovraffollamento mai raggiunto negli ultimi anni. Al 30 settembre 2019, secondo i dati pubblicati sul sito del ministero della Giustizia, i detenuti ristretti nelle 190 carceri italiane sono 60.881 rispetto ad una capienza regolamentare di 50.472 posti disponibili. Cioè vuol dire che risultano 10.409 detenuti in più, mentre il mese precedente ne risultavano invece 10.272. Il trend del sovraffollamento è quindi in continua crescita, soprattutto in assenza di misure deflattive come le pene alternative e l’utilizzazione del ricorso al carcere come extrema ratio.
Per comprendere l’allarmante tasso in crescita, basti pensare che il picco più alto di quest’anno, precedente al mese di agosto, si è registrato al 31 marzo, con 10.097 ristretti oltre la capienza regolamentare. Si registra quindi un balzo enorme essendo arrivati a 10.409. Un altro paragone da fare è quello con i numeri al 30 settembre dell’anno scorso: erano 8.653 i detenuti in più.
Ma, com’è sempre stato ribadito più volte, i numeri relativi al mese scorso risulterebbero addirittura maggiori se dovessimo sottrarre dalla capienza regolamentare i 3.704 posti non disponibili perché inagibili, oppure in via di ristrutturazione. Dato estrapolato dall’esponente del Partito Radicale Rita Bernardini, grazie all’analisi delle schede di ogni singolo istituto aggiornato dal ministero. Un dato che ci riporta alla vera dimensione del problema e quindi dell’effettiva emergenza sovraffollamento e che non solo si è affievolita, ma dagli ultimi dati si evince che il trend è in continua crescita.
Una emergenza riconosciuta dall’attuale ministro Bonafede che però ha fatto varare la ricetta condivisa da tutto il governo precedente: il nuovo piano carceri attraverso la costruzione di nuovi penitenziari e riconversione di caserme dismesse. Dopo aver bocciato i decreti della riforma penitenziaria originaria che prevedevano l’implementazione delle pene alternative, ha fatto stanziare 20 milioni derivanti dalla legge di Bilancio del 2019 e una quota non specificata di 10 milioni derivanti dal Fondo per l’attuazione della riforma dell’ordinamento penitenziario, finalizzati al piano carceri.
Ma, come l’associazione Antigone, se si considera che il Piano Carceri del 2010 aveva uno stanziamento di circa 460 milioni di euro e che alla fine del 2014 ne sono stati spesi circa 52 per la realizzazione di 4.400 posti, è facile capire come meno di 30 milioni di euro in due anni non sarebbero lontanamente sufficienti.
Ma la ricetta della costruzione di nuove carceri risolverebbe il problema. I dati del passato sconfessano tale situazione. Nonostante i diversi “piano carceri” del passato, l’Italia è stata condanna ben due volte dalla corte europea dei diritti umani: la sentenza Sulejmanovic del 2009, dove per la prima volta la Corte europea accerta la violazione dell’articolo 3 della convenzione per eccessivo sovraffollamento carcerario, e la Torregiani che ha costretto il nostro Paese a rivedere la pena e trovare percorsi alternativi al carcere. Ora, salvo nuovi interventi legislativi, il rischio di ritornare ai livelli della Torreggiani non è così lontano.