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Ferri
Finisce davanti alla Corte costituzionale il caso del deputato di Italia Viva Cosimo Ferri, intercettato nell'ambito dell'inchiesta di Perugia tramite il trojan inserito nel cellulare del pm Luca Palamara. La Consulta - che analizzerà il caso l’11 marzo prossimo - è chiamata, nello specifico, a deliberare sull’ammissibilità di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dall’onorevole Ferri, magistrato collocato fuori ruolo, in quanto in aspettativa per mandato parlamentare, nei confronti del procuratore generale della Corte di Cassazione, nonché del procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Perugia. Il deputato chiama in causa gli articoli 67 e 68, terzo comma, della Costituzione nonché dell’articolo 4 della legge 140 del 2003, secondo il quale l’autorità giudiziaria deve richiedere l'autorizzazione della Camera alla quale il soggetto appartiene per eseguire nei confronti di un membro del Parlamento, tra le altre cose, intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni, denunciando «la lesione delle sue prerogative costituzionali quale singolo parlamentare per essere stato illegittimamente sottoposto, in via indiretta, a intercettazione di conversazione, in assenza dell’autorizzazione della Camera dei deputati, richiesta dall’articolo 68, terzo comma, della Costituzione, nonché per essere stato sottoposto, sulla base di tali intercettazioni, all’azione disciplinare esercitata dal procuratore generale presso la Corte di Cassazione». Tali intercettazioni, infatti, sono state trascritte e esibite al procuratore generale di Cassazione, che ha poi esercitato l'azione disciplinare nei confronti di Ferri. Il caso riguarda i dialoghi carpiti dai pm di Perugia, che ipotizzano un "patto" tra Palamara, ex presidente Anm, e Ferri per decidere a tavolino la nomina del procuratore capo di Roma. Una vicenda emersa ai margini di un fascicolo in cui Palamara è stato iscritto nel registro degli indagati con l'ipotesi di corruzione a causa dei suoi rapporti con un lobbista arrestato nel febbraio 2018. Nelle conversazioni intercettate dal telefono di Palamara, ora sospeso, con togati (ora ex) del Csm e con i deputati Luca Lotti (Pd) e Cosimo Ferri (Iv) si affrontava anche il tema delle nomine ai vertici degli uffici giudiziari, in primis la procura romana, con un particolare favore per la candidatura del pg di Firenze Marcello Viola. E proprio Viola, nello scorso maggio, era risultato “in pole” nelle proposte votate in Quinta Commissione. Dopo la “bufera” di Perugia, però, Palazzo dei Marescialli decise di riaprire la sua istruttoria convocando in audizione tutti i 13 candidati alla poltrona lasciata vacante da Pignatone: nella rosa dei nomi proposti al plenum, ora, non rientra più quello di Viola, ma lo sforzo di raggiungere una convergenza tra i gruppi di togati e laici non ha avuto gli esiti sperati.