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«Il provvedimento affronta un tema annoso, non restringe la facoltà dei magistrati e delle forze dell’ ordine di utilizzare le intercettazioni nelle indagini», anzi, «in un passaggio rende più semplice la richiesta intercettazioni per i più gravi reati contro la Pubblica Amministrazione, e non interviene sulla libertà di stampa e il diritto di cronaca ma riduce il rischio della fuga di notizie se non sono legate a fatti penalmente rilevanti» è il commento a caldo del ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che su questo decreto ha investito non poca della sua credibilità.
Il Guardasigilli ha sottolineato i due aspetti da bilanciare: da una parte la riservatezza delle comunicazioni rilevanti e dunque la necessità di far fronte al rischio di divulgazione sulla stampa, dall’altra la necessità di disciplinare gli ascolti, tenendo ferma l’insostituibilità delle intercettazioni come mezzo di prova.
«Le intercettazioni non sono disposte per far luce sulla sfera personale dei singoli ma per perseguire reati» ha ribadito Orlando, cui ha fatto eco anche il premier Paolo Gentiloni: «Noi non limitiamo l’uso delle intercettazioni ma contrastiamo l’abuso, sappiamo che questo strumento è fondamentale per le indagini e in nessuno modo vogliamo limitare la possibilità di disporre di uno strumento per la magistratura fondamentale per contrastare i reati più gravi». Il primo ministro ha definito «giusta ed equilibrata» la proposta e ha ricordato come il testo potrà essere «arricchito nelle commissioni parlamentari», seppur con proposte non vincolanti.
Quanto ai contenuti del testo, Orlando ha illustrato le norme soprattutto per quanto riguarda la procedura di selezione delle intercettazioni. «Un primo vaglio viene effettuato dalla polizia giudiziaria, sotto il controllo del magistrato. Un vaglio che serve a togliere ciò che non è penalmente rilevante».
Per quanto riguarda le garanzie della difesa, invece, «c’è un meccanismo che può portare anche a un contraddittorio per verificare se ciò che viene prodotto è rilevante penalmente e l’ultima parola è rimessa a un giudice terzo», ha proseguito Orlando, sottolineando come il decreto rafforzi «l’individuazione delle responsabilità nella custodia delle intercettazioni» e tuteli gli avvocati «attraverso l’impossibilità di trascrivere le intercettazioni tra il cliente e il suo legale».
Il varo in Cdm ha suscitato le immediate reazioni della galassia giudiziaria, oltre che del mondo politico. L’Anm, per bocca del presidente Eugenio Albamonte, ha definito «apprezzabile» lo sforzo del governo, definendo «centrato l’obiettivo di piena tutela della privacy e della riservatezza di chi con leindagini nulla c’entra: condividiamo questo aspetto». Unico aspetto criticato dal sindacato delle toghe è la norma sull’utilizzo dei software spia Trojan Horse: «Questa è la parte più debole della riforma.
Si tratta di un arretramento che non risponde allo spirito della giurisprudenza. Non si è compreso che questo strumento tecnico serve a mettere al passo coi tempi le capacità investigative». Lo stesso parere favorevole, invece, non è condiviso dalle Camere Penali Italiane. Il segretario Francesco Petrelli ha sottolineato come il decreto «rischia di segnare un arretramento sotto il profilo delle garanzie della difesa», perché «non sancisce un divieto di ascolto delle conversazioni assistito- avvocato, ma un divieto di trascrizione, comportamento che per altro non è coperto da alcuna sanzione».
Inoltre, «la selezione tra materiale rilevante e irrilevante non avviene nel pieno contraddittorio tra le parti e scandito da tempi che consentano al difensore di esaminare e conoscere bene il materiale intercettato, che è spesso molto vasto e che il pm le conosce da mesi: così si pongono le condizioni per un contraddittorio zoppo».
Sul fronte politico, invece, se Alternativa Popolare plaude al testo, volano strali da parte del Movimento 5 Stelle e Forza Italia. «Una riforma semplicemente ridicola - tuona il deputato forzista Francesco Paolo Sisto-. Penalizza l’esercizio dei diritti della difesa, con complicazioni procedimentali che rendono pressoché impossibile il contraddittorio su quanto intercettato.
Si tratta della triste conferma che questo governo ha a cuore solo gli interessi delle procure». E anche il candidato premier del Movimento 5 Stelle Lugi di Maio, impegnato nella campagna elettorale siciliana, attacca il governo sul testo: «Governo e Pd hanno coronato il sogno di Berlusconi: limitare l’utilizzo delle intercettazioni telefoniche per la magistratura».
Ora la palla passa alle commissioni parlamentari, ma l’approvazione in Cdm era l’ultimo giro di boa necessario per mettere al sicuro il testo prima della fine della ghigliottina di fine legislatura.