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La Corte costituzionale
Aveva acquistato o ricevuto sedici confezioni di rasoi e sedici confezioni di lamette per rasoi rubate. Un reato per il quale M. V. rischiava di non poter usufruire dell’esimente della causa di non punibilità per la “particolare tenuità del fatto”, a causa di una mancata previsione da parte del legislatore. Ma la Corte costituzionale - impegnata domani con le questioni di legittimità sollevate per il “Dl scarcerazioni” - ha ribaltato la questione, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’articolo 131-bis del codice penale, dove non consente l’applicazione dell’esimente ai reati per i quali non è stabilito un minimo edittale di pena detentiva e, tuttavia, prevedono un massimo superiore a cinque anni. E, dunque, anche per quanto riguarda il reato di ricettazione attenuata, per il quale si applica il minimo assoluto di 15 giorni di reclusione. La decisione, depositata oggi, prende le mosse dagli atti inviati dal Tribunale ordinario di Taranto: durante l’istruttoria dibattimentale era stata infatti evidenziata la particolare tenuità sia del danno subito dalla persona offesa dal furto che del lucro conseguito dall’imputato, per giunta incensurato, motivo per cui la sua condotta poteva essere considerata come occasionale. Il giudice non avrebbe però potuto applicare gli estremi della causa di non punibilità, a causa dell’entità della pena edittale della ricettazione attenuata, il cui massimo di pena, pari a sei anni di reclusione, quindi al di sopra del limite applicativo dell’esimente. Per il Tribunale di Taranto, «l’assenza di minimo edittale di pena detentiva» per tale reato «e quindi l’operatività del minimo assoluto di quindici giorni stabilito per la reclusione dall’articolo 23, primo comma, del codice penale, indicherebbe che il legislatore “ha formulato in riferimento alle meno offensive fra le condotte di ricettazione un giudizio di scarsissimo disvalore”». Da qui l’irragionevolezza, alla luce dell’articolo 3 della Costituzione, dell’esclusione dell’esimente in tali ipotesi di reato, applicabile, invece, nei casi di «condotte per le quali è stato formulato un giudizio di disvalore ben più severo». Sul punto, l’Avvocatura generale dello Stato ha chiesto di dichiarare le questioni inammissibili, in quanto già decise nel senso dell’infondatezza dalla sentenza numero 207 del 2017 della Consulta, trattandosi di insindacabili opzioni sanzionatorie del legislatore. Ma la Corte costituzionale ha dato ragione al Tribunale di Taranto, stabilendo che «la causa di non punibilità richiede una valutazione complessiva di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, incluse quindi le modalità della condotta e il grado della colpevolezza, e non solo dell’entità dell’aggressione del bene giuridico protetto». Nella sentenza chiamata in causa dall’Avvocatura dello Stato viene evidenziato come «se si fa riferimento alla pena minima di quindici giorni di reclusione, prevista per la ricettazione di particolare tenuità, non è difficile immaginare casi concreti in cui rispetto a tale fattispecie potrebbe operare utilmente la causa di non punibilità (impedita dalla comminatoria di sei anni), specie se si considera che, invece, per reati (come, ad esempio, il furto o la truffa) che di tale causa consentono l’applicazione, è prevista la pena minima, non particolarmente lieve, di sei mesi di reclusione», cioè una pena che, «secondo la valutazione del legislatore, dovrebbe essere indicativa di fatti di ben maggiore offensività»: per ovviare all’incongruenza – si è aggiunto –, «oltre alla pena massima edittale, al di sopra della quale la causa di non punibilità non possa operare, potrebbe prevedersi anche una pena minima, al di sotto della quale i fatti possano comunque essere considerati di particolare tenuità». Una questione della quale, però, il legislatore non si è fatto carico, nonostante le richieste della stessa Consulta, che chiedeva un intervento legislativo «per evitare il protrarsi di trattamenti penali generalmente avvertiti come iniqui». E ciò nonostante le modifiche introdotte col Decreto Sicurezza bis all’articolo 131-bis, con l’introduzione di un’ipotesi tipica di esclusione della particolare tenuità per delitti puniti con una pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive o per violenza, minaccia, resistenza o oltraggio commessi nei confronti di un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni. «La mancata previsione di un minimo edittale di pena detentiva – e quindi l’operatività del minimo assoluto di quindici giorni stabilito per la reclusione dall’articolo 23, primo comma, del codice penale – richiama per necessità logica l’eventualità applicativa dell’esimente di particolare tenuità del fatto», si legge nella sentenza della Consulta. E d’altronde, «nella giurisprudenza costituzionale sul principio di proporzionalità della sanzione penale, il minimo assoluto dei quindici giorni di reclusione ha identificato il punto di caduta di fattispecie delittuose talora espressive di una modesta offensività». In linea generale, «l’opzione del legislatore di consentire l’irrogazione della pena detentiva nella misura minima assoluta rivela inequivocabilmente che egli prevede possano rientrare nella sfera applicativa della norma incriminatrice anche condotte della più tenue offensività».