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Maria Masi
Per l’emergenza sanitaria anche gli avvocati sono stati provati dal contrasto fra dovere professionale e salute. Chi assicura la tutela dei diritti ha preferito, da inizio pandemia, esporsi piuttosto che venir meno alla funzione. I sacrifici subiti dalla professione forense si incrociano ora con un fatto nuovo: nell’incontro in programma per oggi, l’Anm sottoporrà al guardasigilli Bonafede l’ipotesi di inserire anche chi lavora nei tribunali nella corsia preferenziale per le vaccinazioni. Discorso che deve necessariamente chiamare in causa l’avvocatura.
«La richiesta valutata dall’Associazione magistrati non può che riguardare chiunque operi nei tribunali, se va intesa come correttamente deve intendersi: non come rivendicazione di un privilegio di categorie ma in ragione della funzione essenziale della giustizia», dice al Dubbio la presidente del Cnf Maria Masi. «Proprio in ragione della funzione oggi spesso ' sacrificata' per la tutela della salute, può considerarsi altrettanto necessaria e condivisibile la richiesta, giustificata dalla necessità di riprendere in maniera adeguata e sicura l’attività giudiziaria e l’accesso negli uffici giudiziari».
«Nei prossimi giorni», aggiunge Masi, «il plenum del Cnf avrà modo di discuterne e valutare le richieste pervenute da alcuni Ordini territoriali». Tra le istituzioni dell’avvocatura che hanno avanzato la questione al Consiglio nazionale c’è anche l’Unione distrettuale degli Ordini forensi del Lazio, con un documento firmato dal coordinatore Luca Conti. Potremmo essere arrivati al dunque: secondo Conti «anche gli avvocati devono poteer essere annoverati tra i soggetti che, in quanto garanti di un’attività considerata essenziale, devono vedersi riconosciuta una priorità nella somministrazione del vaccino anti covid».
Conti è intervenuto nei giorni scorsi sul tema delle vaccinazioni con la richiesta del riconoscimento per gli avvocati e per tutti gli operatori di giustizia di «categoria vulnerabile e a rischio». La pandemia, osserva, ha messo in chiara evidenza «l’essenzialità dell’attività giudiziaria, il cui normale funzionamento assicura la tutela di diritti costituzionalmente garantiti e non altrimenti comprimibili» e le «gravi ripercussioni che il suo blocco avrebbe sull’intero sistema economico e sociale nazionale. In gioco ci sono la tutela dei diritti, la fiducia dei cittadini e il rispetto delle istituzioni», dice ancora il coordinatore dell’Unione Ordini forensi del Lazio. E dal momento che, «dopo una breve e parziale sospensione», ci sono attività che «non possono essere evitate o condotte a distanza e che, necessariamente, espongono tutti gli operatori di giustizia a un maggior rischio per la salute», urge, a suo giudizio, una «riflessione sulle tempistiche per la vaccinazione anti covid per avvocati, magistrati, personale amministrativo, ausiliari. Pur cercando di ridurre il più possibile il contatto fra le persone, contingentando gli accessi agli uffici giudiziari e limitando le occasioni in presenza attraverso l’utilizzo di sistemi di collegamenti da remoto, il rischio contagio», aggiunge, «è sempre forte.
L’auspicio dell’avvocato Conti è, dunque, che il governo valuti questa possibilità, ricordando come sia «necessario bilanciare sul tema due diritti costituzionalmente garantiti: l’inviolabilità della difesa e quello della salute» . Naturalmente il discorso riguarda l’intero sistema della giurisdizione. Ed è in un’ottica complessiva che lo si affronterà stamattina nell’incontro fra l’Anm e il guardasigilli Bonafede. Quel che è certo è che non avrebbe senso distinguere l’attività di chi, come magistrati e cancellieri, è dipendente pubblico da chi invece esercita la libera professione come gli avvocati. Se tutela deve esserci deve riguardare tutti. In modo da riportare al più presto il processo fuori dall’irrealistica cornice delle videoconferenze.