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Agosto, moglie mia non ti conosco, diceva l’immenso e dimenticato Achille Campanile. Quando l’Italia era ancora mediterranea e non tropicale come oggi, agosto partiva con un magnifico sprint e travolgeva la quotidianità in bianco e nero del ceto medio destinato a saltare nelle utilitarie per raggiungere, con le famiglie tutte intere, le spiagge. Solo qualche pruriginosa indagine di cronaca nera poteva distogliere dalla sonnolenza canicolare da cervello unplugged. Al massimo un po’ di sport. Politica no, per favore.
Diceva Einaudi che la politica assomiglia al popolo che rappresenta, dunque anche la politica si adattava. Certo, qualche governo balneare con gli evergreen Leone o Fanfani, ma in genere avveniva sul limitare dell’estate italiana. Poi “il generale agosto” avrebbe provveduto a spazzare via tutto fino alla fine del mese. Si sarebbe riaperto con calma, con le feste di partito e i convegni di corrente. Il presidente del Consiglio di turno avrebbe, poi, raccontato, ai primi di settembre, alla Fiera del Levante di Bari, come prevedeva di andare avanti nella nuova stagione di governo.
Oggi qualche rito è caduto, il ritmo tropicale delle meteorologie agevola il lavoro di spegnimento del cervello anche fuori dal canone canicolare, la Fiera del Levante si è parecchio ridimensionata, ma la sostanza del rapporto tra popolo dei vacanzieri e politica non è cambiata. Anzi: siccome la politica tende sempre più ad adottare il ritmo dei social, per somigliare al popolo che rappresenta, si mette in modalità unplugged estiva da subito.
Insomma: non succede niente. Niente di decisivo ai fini dei grandi scenari, s’intende. Mai che si dica che le male parole e le pizzicate che il governo tricipite ( Conte, Salvini, Di Maio) si scambia con esuberante generosità, si stiano fermando per le ferie. Non sia mai: sarebbe a dire che il governo è diventato scansafatiche. L’Estate è, però, anche il tempo delle intervistone, dei massimi sistemi, delle vacanze intelligenti delle pagine culturali. L’ultimo tema a tenere banco è: “Ma il Pd potrà far accordi coi Cinque Stelle o no?”. Sala, Franceschini, Renzi si sono misurati con l’esiziale dilemma che mette nel conto l’attribuzione al M5S di un ventaglio di valori - se non di un sistema ideologico vero e proprio- compatibile o meno con quello del PD. Le risposte dei PD, com’è noto, sono divergenti. Dal Movimento nulla da dichiarare.
Ora, lungi da noi la tentazione di mettere un solo mattoncino per la causa del distoglimento dal rito della feria d’agosto, ma la questione sembra avere una rincorsa un po’ strana. Cerchiamo di spiegare: appare del tutto scontato che nel prossimo giro elettorale, probabilmente non così lontano ma neanche così prossimo, il Pd e il M5S potrebbero trovarsi dalla stessa parte di oppositori al governo della destra salviniana, se fossero entrambi perdenti. Peraltro la legge elettorale, prevalentementissimamente proporzionale, non obbliga a fare accordi prima del voto. Dunque potrebbe darsi. Ma parlarne oggi ha più o meno lo stesso effetto del mantra recitato dai Forzitalioti e dai Meloniani sulla necessità di staccare oggi Salvini dai partner di governo per formarne uno di destra che non avrebbe i numeri : acqua fresca. È cosa preziosa d’estate, non c’è dubbio, ma solo quando la metti in quei ventilatori da dehors dei bar alla moda.