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Nicola Zingaretti potrebbe rinunciare al suo braccio destro in Regione a partire dal 27 maggio. Il suo vice nel Lazio, Massimiliano Smeriglio, sembra infatti sempre più vicino a una candidatura alle Europee. Il neo segretario del Pd non ha ancora ultimato l’elenco delle personalità esterne al partito da lanciare nella mischia per Bruxelles e con l’aggiunta di un altro ex vendoliano, dopo Giuliano Pisapia, Zingaretti si garantirebbe un’importante copertura a sinistra anche nel centro Italia.
Per il vice presidente della Regione e leader di Futura, un posto in lista sarebbe il giusto riconoscimento di tanti anni di lavoro al fianco del capo del Pd ma, inevitabilmente, anche un allontanamento dai palazzi romani. Un dettaglio, quest’ultimo, molto gradito a quanti, tra le file dem, gradirebbero una riassetto delle forze in Giunta, una sorta di rimpastino per restituire al Pd maggiore peso politico. Al posto di Smeriglio, infatti, ad affiancare Zingaretti Regione potrebbe arrivare una vecchia conoscenza della politica capitolina: l’ex presidente della Provincia, Enrico Gasbarra. Europarlamentare uscente, con una storia centrista alle spalle, Gasbarra rassicurerebbe quanti, preoccupati anche dalla prossimità del governatore col Movimento 5 stelle, invocano una svolta “moderata” del partito.
Zingaretti sa di dover cedere qualcosa alle varie anime che compongono la sua maggioranza, pur di “governare” il partito senza scossoni. E in attesa di ufficializzare tutti i nomi squadra che comporranno la squadra da schierare alle Europee, il segretario del Pd continua a incontrare il mondo delle associazioni, le parti sociali. E dopo i sindacati, ieri è toccato a una delegazione di imprese essere ricevute al Nazareno. Ne è scaturita una prima bozza di programma elettorale in 15 punti da cui è assente la tanto temuta patrimoniale suggerita qualche giorno fa dal segretario della Cgil Maurizio Landini. C’è invece un’indennità europea di disoccupazione, un piano straordinario si investimenti per il lavoro e l’innovazione, una proposta di aliquota minima europea al 18 per cento per contrastare la concorrenza sleale delle imprese che fanno dumping fiscale. A illustrare le proposte c’è anche il presidente del partito Paolo Gentiloni, che punta il dito contro il governo del cambiamento e il rischio di isolamento dell’Italia in Europa. A fare da sfondo: le notizie che arrivano dal Fondo monetario internazionale, che taglia ulteriormente le previsioni di crescita del nostro Paese, e le bozze del Def, che allarmano gli investitori.
«È evidente che il problema dello sviluppo italiano è il governo italiano in preda a continue liti frutto di idee radicalmente diverse che portano il Paese a un immobilismo che gli italiani pagano molto», dice Nicola Zingaretti. «Si dice sempre “prima gli italiani” ma in realtà gli italiani sono i primi a pagare. Cambiare alle Europee sarebbe la prima azione programmatica per il cambiamento», aggiunge il segretario. La preoccupazione dei dem è che «l’Italia non sta andando nella giusta direzione», insiste il governatore. «Questo governo ha una forte maggioranza parlamentare perché ha raccolto tanta preoccupazione da parte degli italiani ma la verità è che l’Italia con questo governo peggiora: c’è meno lavoro e meno fiducia in chi produce e consuma, e una nuova marginalità in politica estera».
L’unico modo per far uscire il paese dall’angolo è puntare tutto sull’Europa, servendosi di una lista una lista «aperta, unitaria, che vede in campo una piattaforma aperta al contributo di tutti».