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Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio dialogano a distanza: uno apre, l'altro lo blocca. Il segretario del Partito Democratico ha lanciato ieri l'appello al Movimento perchè l'alleanza che ora anima il governo diventi stabile, "vale intorno al 47-48 per cento dei consensi" spiega: "Altrimenti torna Salvini". Uno spauracchio che, però, non basta a convincere il pentastellato. Dalla convention di Napoli, sottotono come da attese e con tutte le polemiche interne al Movimento, Di Maio ha gelato immediatamente l'alleato: “Non sono in questo momento all’ordine del giorno patti regionali né tantomeno nazionali. A me più che i patti interessano i fatti. In Umbria se vince Bianconi nessun assessore sarà di un partito”. Parole che hanno fatto storcere il naso a più di un democratico. Insomma, una doccia fredda al Pd, ma soprattutto al suo segretario, che rimane alle prese con i problemi interni. Non tutti tra i dem, infatti, sono soddisfatti delle scelte della segreteria. Da una parte predica unità - dicono - dall'altra prende decisioni senza consultare l'assemblea. Una su tutte: l'idea di rendere stabile un'alleanza nata su basi tutt'altro che consolidate e, soprattutto, condivise. A farsi portavoce del malcontento, come già con il voto favorevole al taglio dei parlamentari, è il solito Matteo Orfini, che dal suo profile facebook scrive: "Una scelta del genere non è nel mandato col quale Nicola ha vinto il congresso e per farla serve si esprimano iscritti ed elettori del Pd. Quindi se davvero questa è la prospettiva che il gruppo dirigente ha in mente, si convochi un nuovo congresso (magari dopo le regionali che dobbiamo impegnarci a vincere), si aprano i gazebo delle primarie e sia il nostro popolo a decidere.Nel mio piccolo in quel congresso sosterrò la tesi opposta: con questo m5s che sguazza come sempre nella retorica antipolitica, che difende i decreti sicurezza di Salvini, che considera il garantismo una bestemmia, che vuole smantellare la democrazia rappresentativa, che dice no a unioni civili e ius culturae, con questo m5s non voglio costruire alleanze. Superata l'emergenza voglio provare a batterlo". I due partiti cardine del governo, dunque, vivono di fatto lo stesso travaglio: due leader - Zingaretti e Di Maio - sempre più in crisi di consenso all'interno del loro gruppo.