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Da una parte c’è la politica, che marcia compatta verso l’introduzione che tuteli i medici nella somministrazione delle dosi; dall’altra, la magistratura, che invece si dimostra più diversificata nell’accogliere in maniera favorevole o meno l’ipotesi di uno scudo penale.Il tema è tornato d’attualità dopo le indagini di alcune Procure che hanno iscritto nel registro degli indagati per omicidio colposo i medici che avevano vaccinato alcune persone decedute dopo aver fatto il vaccino AstraZeneca. Al momento, tutte le autopsie hanno scluso una correlazione tra il vaccino e le morti, ma le associazioni dei medici sono tornate a reclamare una qualche forma di tutela nei confronti del loro operato. E così si è mosso il ministro della Salute, Roberto Speranza. «C’è la massima attenzione del governo e la mia opinione è che dobbiamo assumere questo tema e costruire una risposta anche di natura normativa», ha detto Speranza durante l’audizione davanti alla commissione riunite Affari sociali di Camera e Senato, aggiungendo che «il Parlamento ha lungamente lavorato nel mese di aprile e la mia opinione è che si possa riprendere quel lavoro». Sulla stessa lunghezza d’onda altri esponenti della maggioranza ma di diverse estrazioni politiche, dal capogruppo del Pd alla Camera, Michele Bordo, al sottosegretario alla Giustizia, il forzista Francesco Paolo Sisto.«Penso che il riconoscimento di uno scudo per gli operatori sanitari sarebbe utile, importante e un segnale forte a sostegno di una categoria che obiettivamente in questi mesi si è spesa molto per combattere la pandemia e per curare gli ammalati», ha spiegato Bordo. Opinione ripresa da Sisto, che puntualizza di lavorare all’idea di una tutela per gli operatori sanitari già da tempo. «È dall’inizio dell’epidemia che, in qualità di responsabile Giustizia e Affari costituzionali di Forza Italia, mi batto per uno scudo che tuteli i medici, nella convinzione che si debba consentire a coloro che sono stati unanimemente riconosciuti come degli eroi di lavorare nelle migliori condizioni possibili», ha detto l’esponente azzurro. E dal governo si alza un’altra voce, quella del sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, di Noi con l’Italia. «Il solo pensiero di un possibile giudizio per responsabilità penale di carattere colposo priva l’operatore sanitario della serenità necessaria a svolgere il proprio ruolo - sottolinea Costa - Il pericolo di perdere la disponibilità di numerosi professionisti è alto e non è questo il momento di rallentare la campagna vaccinale, che nelle ultime settimane ha raggiunto un punto di svolta». Di diverso tenore sono tuttavia gli interventi di alcuni giuristi, che arrivano fino al paradosso espresso dal presidente dell’Unione camere penali italiane, Giandomenico Caiazza. «Quella dello scudo è una richiesta che nasce dal fatto che per fare le indagini sul vaccino si iscrivono i medici nel registro degli indagati - spiega Caiazza - Una pura formalità, come dicono poi le stesse Procure, che tuttavia per i vaccinatori costituiscono sempre e comunque un timore, come può essere un’iscrizione nel registro degli indagati, per omicidio colposo. Queste forzature determinano reazioni o richieste protettive che non possono essere declinate nei termini in cui vengono fatte. I pm dovrebbero evitare di iscrivere per mera esigenza investigativa gente che dall’inizio è chiaro che non c’entra nulla». Sposta l’asse della discussione invece l’ex pm Antonio Di Pietro, secondo cui i procuratori dovevo aprire l’indagine «senza iscrizione nei confronti dei medici, perché è vero che lo si fa a garanzia del medico, ma intanto scatta la gogna».Ragionamento più ampio quello dell’ex procuratore di Venezia, Carlo Nordio, che definisce infine lo scudo penale «un provvedimento necessario, da inserire in un più vasto contesto di tutela della professione sanitaria da tempo aggredita da denunce e citazioni infondate, con l’unico risultato di determinare la cosiddetta medicina difensiva, che alla fine si rivela costosa per lo Stato e dannosa per gli stessi pazienti».