PHOTO
Con ogni probabilità Conte si presenterà in Parlamento nei primi giorni della prossima settimana, lunedì alla Camera, martedì al Senato. Se arriverà dimissionario o meno non è ancora chiaro ma la sua intenzione è evitare le dimissioni e tutto lascia pesare che ci riuscirà. Alle sue comunicazioni seguirà naturalmente un voto di fiducia ed è lì che si arriverà alla conta. L'esito dipenderà dall'esistenza o meno, e nel caso quanto nutrita, di quel drappello di "Responsabili" che da ieri hanno cambiato nome, per non evocare melmosi ricordi. Adesso si chiamano "I Costruttori". Sino a ieri mattina lo showdown non era ancora certissimo. Non era questo l'obiettivo del Pd, o meglio di una parte sostanziosa del Pd che mirava ancora a ricostruire l'alleanza con Renzi. Era una strada già quasi impraticabile. Lo è diventata del tutto dopo che Di Maio, ieri mattina, ha confermato il «mai più con Iv». A quel punto anche il Pd ha scelto la stessa strada, anche perché il rischio di elezioni non spaventa Zingaretti. Al contrario per il segretario del Pd l'opzione non sarebbe affatto sgradita.Dunque strada spianata per quella che era sin dall'inizio la via che Conte intendeva battere: una replica del duello con Salvini dell'estate 2019, un'ordalia all'ultimo voto dal quale uno solo dei duellanti uscirà sulle sue gambe. Se Conte sarà sconfitto uscirà di scena, e a quel punto il bivio sarà tra le elezioni anticipate, che certamente l'avvocato farà di tutto per ottenere, oppure un ritorno alla maggioranza appena dissoltasi ma rinata come araba fenice grazie alla scomparsa di quello che per Renzi era il vero problema: appunto Conte. Ma se invece Conte strappa i 161 voti necessari per disporre di una vera ancorché risicata maggioranza, in rotta sarà il senatore di Rignano. L'esito della sfida è incerto e lo resterà sino all'ultimo. Ieri mattina mancavano ancora 6-7 voti per raggiungere la fatidica soglia. Nel pomeriggio però le nuvole sulla testa di Conte son state squarciate da una lama di luce. O meglio da un comunicato del leader del Psi Nencini e del segretario del partito Maraio: «Questo è il tempo dei costruttori. Noi siamo tra i costruttori. La strada maestra è verificare se esistano le condizioni per formare una maggioranza organica entro un quadro politico certo». Parole che lasciano spazio a dubbi.Per Conte è un acquisto prezioso. Il Psi detiene infatti il simbolo che aveva permesso alla Iv di renzi di formare il gruppo parlamentare. La scelta di Nencini di abbandonare l'ex premier lo lascia letteralmente "senza casa" e va da sé che per i senatori di Iv già tentati dal non seguire il capo, e sono almeno 4, sarà molto più facile abbandonare Iv per restare nel medesimo gruppo. È probabile che lo faranno, pur se non certo. L'altro affluente è Fi. Le voci che da giorni parlano di 8 senatori azzurri pronti a lasciare sono probabilmente esagerate ma tre forzisti disposti "a costruire" ci dovrebbero essere.La sicurezza assoluta ancora non c'è ma il calcolo delle probabilità in questo momento è tutto a favore del premier. Anche perché il terreno sembra essere stato sminato da una delle più pericolose incognite. Da settimane Salvini fa filtrare la voce secondo cui può contare su 5 senatori M5S "in sonno" ma pronti a svegliarsi a cambiare casacca a un suo segnale. Se fosse vero e se quel segnale arrivasse il giorno del voto per Conte sarebbe esiziale. Ma il leader della Lega fa sapere di non volersi impicciare della faccenda.È dunque possibile e forse probabile che Conte esca ancora in sella dalla prova parlamentare più dura dopo quella dell'estate 2019. Disporrà probabilmente di una maggioranza più esigua e dunque ancora più fragile. Ma, almeno negli auspici dei leader della maggioranza, potrebbe trattarsi di una maggioranza più coesa e meno rissosa, dal momento che molti dei problemi che ne hanno travagliato il percorso derivavano proprio dalle tensioni con il partito di Renzi. Il lato oscuro è che buona parte della maggioranza, e in particolare il Pd, condivide le critiche mosse al premier dal furfante di Rignano. Per Zingaretti avere a che fare con un Cote reso ancora più forte e più convinto della propria insostituibilità dall'eventuale vittoria non sarebbe facile. E neppure per Di Maio.