PHOTO
bonafede conte
Strada tortuosa per Giuseppe Conte e Alfonso Bonafede. Non solo il premier fatica a rintracciare i volenterosi necessari a puntellare la sua maggioranza, adesso a minare le fondamenta del governo ci pensa la relazione sullo stato della giustizia del suo Guardasigilli. Al Senato non ci sono i numeri per blindare Bonafede, il cui intervento, previsto per mercoledì prossimo, rischia di venire bocciato dall'Aula provocando il crollo, a catena, dell'intero esecutivo. Unica alternativa: guadagnare tempo, rinviando di almeno 24 ore l'appuntamento con Palazzo Madama e provare a trovare nuovi interlocutori. Anzi, vecchi. Visto che l'unica possibilità di sopravvivenza passa per un rinnovato accordo con Matteo Renzi che consentirebbe la nascita di un Conte tre ma con equilibri interni ridisegnati. I "costruttori", infatti, hanno deciso di demolire quel briciolo di cemento già cosparso attorno al premier. E uno alla volta, i responsabili si tirano indietro. «Ascolterò con attenzione» la relazione di Bonafede, dice Pier Ferdinando Casini, «ma escludo di poter votare a favore. Sulla giustizia l’esecutivo non si è mosso», aggiunge, uscendo nuovamente di fatto dal perimetro della maggioranza. Perimetro nel quale non intende invece entrare l'Udc, in trattative con Giuseppe Conte fino a poco tempo fa, prima che il ciclone Gratteri si abbattesse sul suo partito. «Voteremo certamente contro», dice il senatore centrista Antonio Saccone. «Abbiamo grande rispetto per il ministro, ma non credo cambierà opinione e indirizzo, legittimamente manterrà la sua linea che da parte nostra non è condivisibile». A questo punto non resta che cambiare piani per il presidente del Consiglio, seguendo i suggerimenti di Bruno Tabacci, leader del Centro democratico e arruolatole di volenterosi: dimissioni e reincarico. Passando però attraverso un nuovo tavolo con Italia viva per salvare Bonafede. La prospettiva del ritorno del figlio prodigo sembra ormai l'ultima spiaggia accettata persino dal Movimento 5 Stelle, che con Emilio Carelli apre: «Ritengo logico e saggio sedersi intorno a un tavolo con Italia Viva, per cercare un accordo di fine legislatura che porti anche a un rimpasto di governo, che migliori la squadra e inserisca competenze nuove. Molti parlamentari 5 Stelle la pensano come me». E come Carelli la pensa anche, sul versante Pd, il ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia, costretto ad ammettere: «Noi ci siamo sempre stati, Renzi lo sa. Possiamo confrontarci in qualsiasi momento, il problema è non farlo con un ricatto, questo non è accettabile», scandisce. E i renziano, per un attimo terrorizzati dall'idea del ritorno alle urne, tornare a vestire i panni della responsabilità, infilandosi in uno spiraglio agognato quanto inatteso. Possibilità di ricomporre le fratture con Conte? «Al cento per cento se prevale la ragione», risponde Ettore Rosato al Messaggero. Resta da capire cosa deciderà di fare l'avvocato di Palazzo Chigi, restio fino all'ultimo a tornare a dialogare con Renzi e, soprattutto, a ricomporre le divisioni attraverso le sue dimissioni, seppur momentanee.