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Oggi dalle 7 alle 23 e lunedì dalle 7 alle 15, 51 milioni di elettori sono chiamati al voto per confermare la riforma costituzionale che modifica il numero dei parlamentari, portando i deputati da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200. Gli elettori di Valle d’Aosta, Liguria, Veneto, Toscana, Marche, Campania e Puglia sceglieranno anche il loro prossimo presidente di Regione e i consigli regionali.
Il “taglio dei parlamentari” modifica gli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione, è stato approvato con un’ampia maggioranza in Parlamento ed è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il 12 ottobre 2019. Battaglia storica del Movimento 5 stelle, la riforma è sostenuta anche da Lega, Fratelli d’Italia e Partito democratico, mentre, almeno nelle intenzioni di voto, Forza Italia, Italia Viva e Leu hanno lasciato libertà di scelta. Contrari Azione e + Europa.
I sostenitori del Sì si dividono tra chi è convinto che la riforma possa essere un primo passo verso la semplificazione e la maggior efficacia del Parlamento e chi ne fa una questione di risparmio, calcolato dall’Osservatorio conti pubblici dell’Università Cattolica guidato da Carlo Cottarelli in 57 milioni di euro all’anno. I sostenitori del No puntano sul fatto che senza la certezza di quei “correttivi” necessari a garantire la rappresentanza dei territori e la funzionalità di Camera e Senato, il taglio è uno strumento di pura demagogia nelle mani di chi, come il Movimento 5 stelle, aveva promesso di “aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno”. Tutte le rilevazioni danno il Sì in netto vantaggio, con il No in leggera ma costante rimonta.
La prima sfida regionale è rappresentata dalla Valle d’Aosta, dove si vota in anticipo rispetto alla naturale scadenza della legislatura perché la precedente giunta è finita al centro di uno scandalo nel quale è coinvolta la 'ndrangheta. Favorito il partito autonomista Union Valdôtaine, ma è probabile che le 12 liste e il sistema di voto proporzionale rendano ingovernabile la regione.
In Liguria si gioca la sola partita in cui Pd e M5s hanno trovato un candidato comune, da opporre al presidente uscente e favorito nei sondaggi, Giovanni Toti. La scelta è ricaduta su Ferruccio Sansa, giornalista del Fatto Quotidiano, che oltre a Toti sfiderà Aristide Massardo, sostenuto da Italia Viva e + Europa.
Spostandosi a Est s’incontra il Veneto di Luca Zaia, padre padrone della Regione che nei sondaggi vola verso un consenso bulgaro. Presidente uscente, Zaia schiera una propria lista personale che, se dovesse prendere più voti di quella della Lega, potrebbe creare qualche problema interno al leader Matteo Salvini. A sfidare Zaia sono Arturo Lorenzoni, sostenuto dal centrosinistra, Daniela Sbrollini di Italia Viva ed Enrico Cappelletti del M5s.
La sfida che, a poche ore dal voto, sembra più incerta, è quella della Toscana. Il presidente dell’uscente assemblea regionale, Eugenio Giani, sfida l’ex sindaca di Cascina ed europarlamentare della Lega, Susanna Ceccardi, in quello che si prevede essere un testa a testa. Il M5s candida Irene Galletti ma tutte le attenzioni sono sulla contrapposizione centrodestra- centrosinistra. Una sconfitta di Giani farebbe infatti cadere un altro muro rosso dopo l’Umbria e, forse, le Marche.
Proprio nelle Marche, dove il presidente uscente, Luca Ceriscioli, ha deciso di non ricandidarsi, c’è infatti un’altra sfida da tenere d’occhio. È quella tra il sindaco di Senigallia, Maurizio Mangialardi, sostenuto dal centrosinistra, e Francesco Acquaroli, favorito nei sondaggi ed esponente di Fratelli d’Italia, finito al centro delle polemiche per la partecipazione a una cena rievocativa della marcia su Roma. Il M5s schiera Mario Mercorelli, con il quale fino all’ultimo il Pd ha cercato l’alleanza, ricevendo un due di picche.
Sembra non esserci partita in Campania, dove il presidente uscente e “sceriffo” Vincenzo De Luca sfida il già presidente della regione dal 2010 al 2015 Stefano Caldoro. Il M5s candida Valeria Ciarambino ma De Luca è ampiamente in vantaggio su tutti nei sondaggi.
Ultima e alquanto incerta partita è quella della Puglia, dove il presidente uscente, Michele Emiliano, sfida per un secondo mandato Raffaele Fitto, anche lui in cerca del bis dopo aver guidato la regione dal 2000 al 2005. Qui le incognite sono rappresentate dalla grillina Antonella Laricchia, che ha rigettato l’alleanza con Emiliano, e soprattutto da Ivan Scalfarotto, sottosegretario agli Esteri del Conte II e candidato di Italia Viva, + Europa e Azione. La partita si gioca sul filo del rasoio tra Emiliano e Fitto, ma Scalfarotto potrebbe prendere abbastanza voti da togliere la vittoria al presidente uscente. Ancora 48 ore e sapremo se le accuse partite dal Nazareno nei confronti dell’ex segretario, Matteo Renzi, saranno fondate.