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La politica ha visto tempi migliori, ma anche la cosiddetta società civile non se la passa benissimo.
Soprattutto in Umbria: più si avvicina il voto del 27 ottobre, più spuntano notizie che mettono in imbarazzo i candidati, su entrambi i fronti. Il candidato Vincenzo Bianconi - imprenditore locale e nome che dovrebbe trasporre a livello territoriale l'alleanza giallorossa di governo - arranca nei sondaggi ( secondo il sondaggio di Porta a porta, la sua forbice è tra il 39 e il 43%, otto punti dietro la competitor di centrodestra) anche in seguito a due notizie che, se non sono veri e propri scandali, hanno però creato più di un imbarazzo nella compagine dei suoi sostenitori.
La prima, resa nota appena indicato come candidato: alle europee ha apertamente fatto campagna per il candidato di Forza Italia della sua regione, con tanto di post di Facebook. Un peccato veniale, per chi si fregia del titolo di candidato civico, che però ha subito fatto il paio con l'esclusiva pubblicata dal quotidiano locale il Corriere dell'Umbria.
Secondo documenti pubblici, per altro resi noti in seguito ad una vecchia interrogazione dei consiglieri comunali del Pd, e le dichiarazioni del sindaco forzista di Norcia, Nicola Alemanno ( anche lui sostenuto alle comunali da Bianconi), il candidato presidente avrebbe ricevuto quasi 6 milioni di euro di fondi per la ricostruzione in seguito al terremoto del 2016, stanziati per due alberghi di sua proprietà ( su 27 richieste, solo tre avrebbero già ottenuto il via libera e due sono per Bianconi). Inoltre, altri due milioni e mezzo di euro sono finiti ad una società riconducibile alla famiglia di Bianconi per un servizio mensa nei moduli abitativi allestiti durante il terremoto.
Al momento la procura umbra non ha ritenuto di aprire alcun fascicolo, ma Bianconi si è trovato a doversi difendere, anzitutto dicendo che, se diventerà presidente, si terrà ben lontano dalla gestione dei fondi per il terremoto: «Quando si dice che le uniche strutture ad aver ricevuto i soldi del terremoto sono quelle di Bianconi, si dice una falsità. Questa è campagna elettorale sporca» e ancora «E' solo fango, sono terrorizzati dalla mia corsa».
A 18 giorni dal voto, una grana non da poco per gli alleati riluttanti, ancora in difficoltà nel dover sostenere un candidato comune dopo essersi sparati addosso per i quattro anni precedenti di presidenza Marini ( la ex governatrice, dimessasi in seguito a un'indagine per abuso d'ufficio, rivelazione di segreto d'ufficio e falso su presunti illeciti nelle assunzioni nel sistema sanitario umbro). Meno ' civica' del suo competitor, la candidata di centrodestra Donatella Tesei è nota in Umbria per aver guidato il comune di Montefalco per dieci anni, a capo di una giunta civica vicina al centrodestra. Poi, nel 2018, è stata eletta senatrice con il sostegno della Lega e a Roma si è guadagnata la stima di Matteo Salvini, che l'ha imposta come candidata in Umbria per la coalizione di centrodestra.
Anche lei, tuttavia, è stata messa in difficoltà dalle sue scelte passate: non professionali, ma amministrative da prima cittadina del borgo medievale. Repubblica, infatti, ha scovato un documento ufficiale che indica i debiti del comune di Montefalco, seimila abitanti, in 1,6 milioni di euro. La diretta interessata ha subito rifiutato seccamente le accuse, parlando di un «disavanzo tecnico di 320 mila euro», ma l'opposizione l'ha smentita pubblicando il rendiconto consuntivo approvato dalla sua stessa giunta: «1.617.672,16 euro, che spalmato sui 5626 abitanti di Montefalco, produce un disavanzo pro- capite di ben 287 euro. Un valore, va detto, superiore a quello di grandi Comuni con problemi finanziari come Perugia ( disavanzo/ abitanti: 204 euro) e Terni ( disavanzo/ abitanti: 233 euro)». Abbastanza da mettere in dubbio le sue qualità di amministratrice.
La campagna elettorale impazza tra imbarazzi e affondi, dunque, con entrambi i candidati costretti a giocare più in difesa che in attacco. A reggere meglio, per ora, è Tesei, ma il 29% degli umbri rimane indeciso se consigliare o meno la regione al centrodestra, per la prima volta nella storia. E chissà se, nel caso di fallimento della fragile coalizione giallorossa, basterà un mea culpa per la scelta del candidato a mettere al riparo il governo da eventuali contraccolpi. O se il primo fallimento non rimetterà in discussione la scelta di alleanze territoriali tra grillini e dem.