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«Più che farlo cadere, vorrei vederlo muovere». Matteo Renzi continua a mettere sotto pressione Giuseppe Conte. Dopo aver ottenuto una revisione consistente del Recovery, rilanciato sul Mes e fatto esplodere la "bomba" Ponte sullo Stretto, il leader di Italia viva non sembra intenzionato a fare passi indietro. E in un'intervista a Repubblica Renzi argomenta: «Il governo è immobile: si vive di rinvio in rinvio. Vogliamo sciogliere i tanti nodi aperti, dalle infrastrutture ai soldi per la sanità. Vogliamo chiarezza su scuola, cultura, lavoro. Questo abbiamo chiesto al premier con lettere, sms, documenti, riunioni. La risposta è stata sprezzante e sorprendente: ci vedremo in Parlamento, ha detto Conte. Evidentemente è già convinto di avere i voti in Aula, forse di Forza Italia: mi sembra un errore politico e un azzardo numerico. Ma auguri a lui e all’Italia». L'ex premier parla con la sicumera di chi sa che sostituire Italia viva a Palazzo Madama è praticamente impossibile. «È più facile che Salvini ne rubi altri tre al M5S che il contrario», dice, prima di rivolgersi al presidente del Consiglio, che ieri aveva aperto ulteriormente alle richieste renziane con un post su Facebook: «Quando la smetterà di scrivere post retorici e inizierà a confrontarsi sui temi di merito facendo davvero politica, ci troverà a fare l’interesse dell’Italia e degli italiani. Basta che faccia presto, perché non c’è più tempo», insiste Renzi. Il Recovery proposto a Gualtieri? «Concetti vaghi mentre noi vogliamo i documenti scritti. Questo governo sta esagerando con l’approssimazione. Non solo non si sa quando si torna a scuola o quando si riapre un negozio ma i testi vengono licenziati senza il canonico percorso istituzionale: proposta, preconsiglio, discussione, approvazione. In democrazia la forma è sostanza. Punto. Trovo sconvolgente dover spiegare a un professore di diritto che non si possono presentare i testi all’ultimo minuto. Se noi non avessimo posto il problema oggi avremmo l’atto più importante della legislatura approvato sotto forma di emendamento e che nei fatti sostituiva i ministri con una task force di trecento consulenti», aggiunge il capo di Italia viva. «E allora venendo al punto noi abbiamo fatto 62 richieste di correzioni al ministro Gualtieri. Prima di dire se siamo soddisfatti o no, dobbiamo vedere il nuovo testo. Capisco che nella cultura del Grande Fratello è difficile da accettare ma i testi di legge non sono post, i decreti non sono tweet, una riforma non è una storia su Instagram». E su D’Alema che ha affermato che non si manda via l’uomo più popolare del Paese per fare un favore al più impopolare, cioè lei. «Quando ho fatto il governo con il M5S speravo di rendere più riformisti i grillini e invece ho grillinizzato D’Alema. Puntare ad avere più like è tipico degli influencer non dei politici. E dire che D’Alema sull’impopolarità ha un certo know how. Gli dedico i versi di Guccini: "Ognuno vada dove vuole andare, ognuno invecchi come gli pare, ma non raccontare a me cos’è la libertà"».