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L’obiettivo è ambizioso: accorciare del 40 per cento la durata dei processi civili, del 26 per cento quella dei processi penali, con picchi, rispettivamente, del 49 e del 52 per cento in appello. Tutto con pochi semplici passaggi, contenuti in 11 pagine allegate al Piano nazionale di ripresa e resilienza, ovvero la bozza dei progetti da presentare all’Europa per ottenere i fondi del Recovery Fund.
La giustizia costituisce un capitolo fondamentale. Perché è proprio a causa delle lentezze del sistema che gli investitori decidono di virare altrove. E, soprattutto, perché quello stesso sistema, più volte, è finito nel mirino dell’Europa per le sue storture. Dalla lentezza alla incapacità di rispettare principi che rappresentano un cardine per la nostra stessa giurisdizione, non solo a livello fattuale, ma anche a livello filosofico. Ma la teoria si discosta molto - troppo - dalla pratica. E allora tocca mettere mano alle norme e rivederle. Leggendo il piano presentato dal governo italiano, ciò che emerge è la volontà di smaltire i processi penali non solo con una revisione del codice di procedura e dell’ordinamento, ma anche con un ricorso più efficace ai riti alternativi. Con un giudizio - implicito e molto tra le righe - agli avvocati: se in molti decidono di affrontare un processo e i tempi connessi all’onere della prova è perché hanno fatto affidamento - spessa a buona ragione - sulla prescrizione. La cui cancellazione, dunque, viene rivendicata dal governo come un primo, importante, passo verso l’adeguamento agli standard europei. Il passaggio è delicato quanto chiaro: «Nel nostro sistema - si legge - la scelta di queste forme più rapide di definizione del processo era scoraggiata - soprattutto per i reati sanzionati con pene detentive meno gravi e perciò assoggettati a più brevi termini di prescrizione – dalla prospettiva concreta di fruire "gratuitamente" dell'estinzione del reato per effetto della prescrizione, una prospettiva evidentemente più appetibile degli "sconti di pena" collegati alla scelta dei riti alternativi». Parole che non necessitano di ulteriori commenti.
Partiamo dai dati: i tempi medi di un processo, in Italia, sono di 527 giorni per il civile e di 361 giorni per il penale, contro i rispettivi 233 e 144 giorni di media europea. Numeri che rendono l’idea delle caratteristiche elefantiache del sistema giustizia in Italia. Da qui la necessità di mettere mano alla macchina. Perché la tempestività delle decisioni giudiziarie, scrive il governo, «è elemento essenziale per le imprese, per gli investitori e per i consumatori». Servono informazioni certe sulle regole, sui rischi, sui tempi. Le cui dilatazioni, secondo uno studio condotto da Cer- Eures, costano all’Italia 2,5 punti Pil, pari a circa 40 miliardi di euro. Ridurre la durata dei processi civili del 50 per cento, dunque, porterebbe ad un accrescimento delle dimensioni medie delle imprese manifatturiere di circa il 10 per cento, 130mila posti di lavoro in più e circa mille euro all’anno di reddito pro- capite. Insomma, quanto una manovra finanziaria.
Il piano di riforma si articola in quattro linee, che prevedono una riduzione della durata del processo, la digitalizzazione del sistema, un potenziamento delle strutture materiali e della logistica e il favorimento del reinserimento sociale dei soggetti in esecuzione penale per il contrasto alla recidiva e la diffusione della cultura della legalità. Un punto, questo, fondamentale per l’effettiva coerenza del sistema penale con i dettami della Costituzione.
RIFORMA DEL PROCESSO CIVILE
In campo civile, le parole d’ordine sono semplificazione e razionalizzazione, attraverso la riduzione dei riti e il potenziamento degli strumenti di risoluzione alternativa. Si prevede così il passaggio ad un unico rito, con discussione conclusiva orale e semplificazione anche dell’appello, riducendo i casi in cui la competenza è attribuita al tribunale collegiale. Si punta sull’implementazione del processo telematico, con la previsione che in tutti i procedimenti civili il deposito dei documenti e degli atti avvenga solo con modalità telematiche. Inoltre viene previsto il riconoscimento dell’amministrazione della giustizia quale soggetto danneggiato nei casi di responsabilità aggravata per lite temeraria. Per quanto riguarda la Cassazione, il piano prevede che possano essere assegnati fino a un massimo di 50 magistrati onorari ausiliari, in via temporanea e contingente, alle sezioni tributarie della Corte, «al fine di abbattere l’arretrato endemico» .
RIFORMA DELL’ORDINAMENTO GIUDIZIARIO
Le modifiche prevedono l’obbligo di organizzare l’ufficio prevedendo «l'accurata programmazione della trattazione dei giudizi». Sarà il capo dell’ufficio a controllare il bilanciamento degli incarichi e a “punire” chi non segue le regole. Le Procure saranno organizzate sulla base di criteri di efficienza e di valorizzazione delle competenze, con un periodo minimo di cinque anni di permanenza dei magistrato nel ruolo direttivo ricoperto, la razionalizzazione dei meccanismi di avanzamento nella carriera, la riduzione dei tempi di accesso alla professione di magistrato e la riforma del Csm.
RIFORMA DEL PROCESSO PENALE
Il disegno di legge prevede una progressiva digitalizzazione del processo penale, con il deposito telematico degli atti e dei documenti. Lo scopo della riforma è, però, ridurre il numero di dibattimenti, puntando sui riti alternativi e sul potenziamento dei filtri. Per quanto riguarda il patteggiamento, l’idea è di renderlo accessibile quando la pena detentiva non superi gli otto anni ( attualmente sono cinque), mentre si pensa di estendere l’abbreviato a tutti i casi in cui, pur essendo necessaria un’attività di integrazione probatoria, il rito alternativo produce comunque effetti di economia processuale rispetto al giudizio dibattimentale. La riforma prevede anche un aumento dei giudici ausiliari in appello, consentendo il loro impiego anche nei procedimenti penali, l’introduzione di un giudizio monocratico d’appello, per i reati giudicati in primo grado dal giudice monocratico e l’estensione delle ipotesi di inappellabilità delle sentenze. Il difensore potrà appellare la sentenza di primo grado solo se munito di uno specifico mandato ad impugnare, mentre vengono introdotti termini di durata massima delle diverse fasi e dei diversi gradi del processo penale.
RISORSE UMANE E MATERIALI PER IL SERVIZIO GIUSTIZIA
Il disegno di riforma prevede anche investimenti in risorse umane e materiali, con il reclutamento straordinario di personale per la gestione e lo smaltimento dell’arretrato. In campo civile, tra primo, secondo e terzo grado, le pendenze sono pari a 2.348.611 processi, 1.439.138 nel penale. L’idea è rafforzare l’ufficio del processo, con tirocinanti e magistrati onorari, l’innesto di 11mila addetti all’ufficio del processo negli uffici giudiziari, mille magistrati onorari aggregati, negli uffici più in difficoltà, l’assunzione a tempo pieno e per tre anni di personale amministrativo in grado di rispondere al considerevole (e straordinario) carico di lavoro che grava sugli uffici giudiziari. Ma non solo: è previsto anche «un importante consolidamento dell’infrastruttura informatica» e la digitalizzare tutti gli atti dei procedimenti civili e dei procedimenti per l’equa riparazione.