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La trattativa di governo cominciata ufficialmente ieri rischia di rimanere sullo sfondo. Al centro, invece, tornano le polemiche interne al Partito democratico: da una parte Matteo Renzi - tornato in grande spolvero da quando la crisi si è aperta -, dall’altra Paolo Gentiloni e l’attuale segreteria.
Casus belli: una registrazione audio di Renzi che, durante una lezione alla sua scuola politica, accusa l’ex premier Gentiloni di voler far fallire la contrattazione coi 5 Stelle. «E’ stato Paolo che ha fatto passare questo messaggio alla stampa, con una triplice richiesta di abiura ai 5 stelle», dice Renzi.
Ovvero le tre richieste ( no al taglio dei parlamentari; preaccordo sulla legge di Bilancio; abrogazione dei due decreti Sicurezza) che hanno messo in crisi il dialogo dem- grillini. L’ex segretario prosegue: «Il modo con il quale lo spin è stato passato è finalizzato a far saltare tutto. E qui è una bellissima lezione di politica applicata, perchè Gentiloni oggi era al Colle ma non ha aperto bocca» e conclude: «A quel punto la parte che vuol fare saltare tutto nel M5s, guidata da Di Battista e Paragone, ha detto: “Zingaretti è Giuda”. In questo rilancio ovviamente il messaggio è: noi andremo alle 5 da Mattarella a dire mai con il Pd». Ecco costruito il teorema e chiarito il sospetto politico dei renziani, che si sono sentiti sfilare di mano le redini della trattativa e che temono che le tre proposte ( formalmente non approvate in direzione) gettino di nuovo i Cinque stelle tra le braccia leghiste. Il nodo problematico, infatti, è la volontà o meno del Pd di andare avanti col taglio dei parlamentari tanto caro ai 5 Stelle: un no proprio su questo - ragionano i renziani che su questo punto hanno sempre dichiarato di essere aperti al dialogo - rischia di far arenare ( volontatiamente) qualsiasi discussione, mentre Salvini continua a ripetere che lui il taglio è pronto a rivotarlo «per la quarta volta».
Le illazioni contro Gentiloni pesano e suscitano reazioni immediate sul fronte zingarettiano. Per la prima volta, è addirittura il segretario - di solito cautissimo negli interventi - a prendere la parola per difendere il presidente del partito: «Non è mai esistita ovviamente nessuna manovra del presidente Gentiloni per far fallire l’ipotesi di un nuovo governo e sostenerlo è ridicolo e offensivo», smentisce. Poi aggiunge: «Stiamo nel pieno di consultazioni delicatissime e stiamo lavorando tutti insieme per raggiungere un obiettivo difficile: quello di dare vita a un governo di svolta per cambiare l’Italia; e questo passa per uno spirito unitario». Un deciso richiamo all’ordine nei confronti di Renzi, che sembra ormai messo ai margini della trattativa per il governo giallorosso.
L’audio della discordia, tuttavia, sollecita anche i 5 Stelle, che non lesinano stoccate ai dem. Lo stesso Luigi Di Maio, che ha confermato l’inizio della trattativa coi dem, ha dimostrato molta cautela nell’affrontare il tentativo di accordo con il Pd: «io posso dire che il nostro obiettivo è approvare quei punti e sappiamo che su quei punti c’è stata data una disponibilità dal Partito democratico, ma vedo anche che già litigano».
Proprio in quel «vedo che già litigano», c’è tutto lo spazio di manovra offerto ai 5 Stelle dall’ennesima polemica interna ai dem.
Il crinale, infatti, è stretto: sia Zingaretti che Di Maio mantengono estrema prudenza in ogni dichiarazione e il sospetto che nessuno dei due sia convinto della mossa giallorossa agita i pontieri di entrambi gli schieramenti. In particolare i renziani, che si sono visti messi ai margini ( anche sulla spinta degli attacchi di Salvini e ai timori dei 5 Stelle di venire associati al Giglio magico), dopo che era stato Renzi, immediatamente dopo l’apertura della crisi, a lanciare l’appello per un nuovo governo “anti Iva”.
Il Pd, rimasto unito giusto per il tempo sufficiente al primo giro di consultazioni, torna dunque a rompersi e poi a rincollare i cocci. E’ probabile che il collante tenga fino a martedì prossimo, data fissata dal Colle.
C’è da chiedersi ( e se lo chiederà di certo anche Mattarella), se la pax armata durerà per un governo che - secondo Zingaretti - o sarà per tutta la legislatura o non sarà affatto.