È un vicolo cieco. Anche se i toni, alla fine del lungo vertice di maggioranza sulla giustizia, sono stemperati. In fondo, è proprio il guardasigilli Alfonso Bonafede a essere più cupo di tutti: «Restiamo distanti sulla prescrizione». Lo dice con chiarezza. E sa che martedì dovrà dare una risposta. Perché l’ampio summit tenuto ieri pomeriggio a Palazzo Chigi insieme con Giuseppe Conte e le delegazioni di tutti i partiti di maggioranza è durato sì 2 ore e mezza ma di fatto non si è chiuso.

È aggiornato al prossimo 19 novembre. Potrebbe essere il giorno della verità. Bonafede in particolare dovrà dare una risposta al Pd. Ovviamente sulla prescrizione. Dovrà dire se accetta le proposte dell’alleato, tutte con un solo punto di caduta: «Evitare che anche un solo processo sia infinito», per dirla con il vicecapogruppo dem a Montecitorio Michele Bordo. Chiarissimo nel ripetere che «non possiamo sapere quali effetti produrrà la riforma penale, ma anche se il rischio di durata infinita riguardasse un solo giudizio, servirebbe una soluzione per quel singolo caso».

Sul tappeto ci sono varie ipotesi. «Anche modulabili», spiega Bordo, «a seconda della gravità del reato per cui si procede: si può prevedere un meccanismo compensativo se la sentenza definitiva sfora il termine in cui il reato si sarebbe prescritto. Ma c’è anche la necessità di una prescrizione processuale qualora la durata fosse eccessiva».

Ed è il punto dirimente. Perché le altre ipotesi, come l’indennizzo per chi è assolto troppo tardi ( aggiuntivo rispetto al risarcimento ex legge Pinto) non sono inaccettabili, dal punto di vista dei 5 Stelle. E non lo è neppure la proposta, avanzata sempre dal Pd, di uno sconto di pena per chi è condannato in via definitiva ma in tempi troppo lunghi.

Il vero nodo è il limite temporale massimo, la prescrizione del processo quando lo sforamento dovesse risultare clamoroso. E qui che Bonafede alza un muro invalicabile. Se davvero non cambierà idea, come reagirà il partito di Zingaretti? «Valuteremo dopo che martedì Bonafede avrà risposto», dice Bordo, «adesso è prematuro».

IL RUOLO DI CONTE, LA TATTICA DI RENZI

Una delle incognite si chiama Italia viva. Al vertice con Conte è rappresentata dai caprigruppo nelle due commissioni Giustizia: la deputata Lucia Annibali e il senatore Giuseppe Cucca. Il quale parla di «incontro dai toni concilianti». Ma oggi l’avvocato cassazionista di Nuoro che ha scelto di stare con Renzi potrebbe trasmettere a Bonafede le osservazioni del suo partito, non ancora messe nero su bianco. Altra variabile è il ruolo del premier. Ieri Conte ha spiegato che «serve una sintesi».

È un segnale per il Movimento più che per il Pd. Ma non basta a prevedere un cedimento di Bonafede sulla prescrizione. Nonostante, tra le previsioni ottimistiche, vi sia anche quella del sottosegretario alla Giustizia Andrea Giorgis, anche lui del Partito democratico: «Noi siamo sicuri che il confronto porterà a una soluzione», dichiara a fine vertice, «e cioè che tenga insieme l’esigenza di un processo rapido con meccanismi in grado di garantire un termine alla conclusione dei processi». Giorgis è un costituzionalista, e ritiene indispensabile che prima o poi quel termine arrivi. Ma i 5 Stelle saranno disposti a concederlo?

IL BLOCCA- PRESCRIZIONE A GENNAIO SCATTA

Su un punto non si discute: «La nuova prescrizione entrerà in vigore a gennaio», scandisce Bonafede. Nessun rinvio. Anche perché il guardasigilli pretende casomai il via libera alla riforma dei processi penali e civili e del Csm: «Dal mio punto di vista abbiamo aspettato anche troppo e bisogna accelerare». Chiarito che il blocca- prescrizione non sarà congelato, è evidente pure che l’eventuale antidoto sarebbe inserito proprio nel ddl delega sul penale ( e sul Csm), sempre che arriverà un giorno in Consiglio dei ministri.

Intanto Bonafede in queste ore ha ripreso a confrontarsi, oltre che con il Cnf, anche con Unione Camere penali e Anm, che a inizio primavera avevano proposto con una bozza congiunta soluzioni acceleratorie del processo, prima accantonate per il no della Lega e ora tutte recuperate. Tra queste, l’estensione del patteggiamento, anche rispetto alla pena massima - innalzata a 8 anni - applicabile dal giudice su richiesta della Procura e della persona accusata. Sono diventati più stringenti i limiti oltre i quali scattano sanzioni per i giudici: variano da un massimo di 6 anni per i reati più gravi e i processi celebrati dinanzi ai collegi fino a un minimo di 3 anni per i giudizi dinanzi al giudice monocratico, con un limite di 1 anno soltanto per ciascuna fase.

Una rivoluzione, l’ha sempre considerata Bonafede. Ma c’è un però: l’illecito disciplinare per il giudice tardivo scatta solo se è negligente e solo se i ritardi riguardano almeno un quinto dei fascicoli di cui è titolare. Se il carico è eccessivo e i casi troppo complessi non può essere punito. Ed è proprio la fragilità del meccanismo che non piace al Pd. È qui che riappare l’incubo del processo secolare. Il che non vuol dire che ci sia una risposta politica per allontanarlo.