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Poco più della metà. È la cifra degli iscritti al Pd che finora è andata a votare nei circoli per l’elezione del nuovo segretario, primo passaggio del Congresso al quale seguiranno le primarie del 26 febbraio. Un dato deludente, di certo molto al di sotto delle aspettative per quanto tuttavia prevedibile, visto il calo di elettori generale del Partito democratico e il calo degli stessi iscritti.
A Bologna, roccaforte del partito, i numeri dei votanti sono attorno al 55 per cento, con una netta predominanza per Stefano Bonaccini che però si riduce a Bologna città, dove Elly Schlein lo tallona. E anche sotto le due torri non mancano le polemiche per i numeri delle tessere, con delle cifre sballate nel circolo Imbeni di San Vitale. Un caos che si aggiunge a quello degli scorsi giorni per le decine di tessere “fantasma” comparse come per magia a Salerno, feudo del presidente della Campania, Vincenzo De Luca, che sostiene Bonaccini, e a Caserta. Episodi che ricordano tanto le celebri “truppe cammellate” di Clemente Mastella, per questo soprannominate “mastellate”, con centinaia di persone portate a votare all’improvviso, di certo non assidui frequentatori dei circoli di partito. «Abbiamo presentato formale ricorso e ci auguriamo che venga esaminato quanto prima - spiega Sandro Ruotolo ex senatore dem e portavoce del coordinamento regionale campano della mozione Schlein - perché a Salerno, per ammissione della stessa commissione provinciale, non si è adempiuto alla correzione dell'anagrafe con le indicazioni nazionali». Con risultati al limite dell’assurdo.
A Sessa Aurunca, paese di 20mila abitanti in provincia di Caserta dove alle scorse Politiche il Pd ha preso1200 voti, ci sarebbero state 1050 adesioni online. Ma aldilà della commedia, il problema è che dai numeri che emergono in questa prima fase di Congresso dem a votare non ci vanno nemmeno i fedelissimi, quantomeno non tutti, segno forse di una certa disaffezione nei confronti del partito. Anche perché con quattro candidature, tra cui quella “moderata” di Bonaccini e quella “radicale” di Schlein, unite al pragmatismo di Cuperlo e alla rinnovazione di De Micheli, la scusa che non ci sono valide alternative da votare non regge.
L’offerta, insomma, c’è. Il problema è la domanda. Che ormai da anni il Pd fatica a intercettare, e a pochi giorni dalle Regionali in Lazio e Lombardia questo rischia di far capitolare i dem. Entrambe le candidature, quella di Alessio D’Amato nel Lazio e quella di Pierfrancesco Majorino in Lombardia, stanno dimostrando di avere una buona base elettorale, ma difficilmente riusciranno a ribaltare i sondaggi che danno i due candidati del centrodestra, l’uscente Attilio Fontana in Lombardia e l’ex presidente della Croce Rossa Francesco Rocca nel Lazio.
E così al Pd non resta che concentrarsi sulle primarie del 26 febbraio, sperando di portare ai gazebo anche una parte di non elettori del partito, magari grillini pentiti e non soddisfatti della leadership di Giuseppe Conte. Che tuttavia dalle Politiche in poi viaggia con il vento in poppa, e cerca senza mezzi termini l’opa sui dem. «Spero che questi lavori congressuali tirino fuori una vera identità, una visione chiara e certa per quanto riguarda il Pd - ha spiegato ieri l’ex presidente del Consiglio - Mi auguravo e mi auguro ancora che sia un Congresso rifondativo, perché ora ne esce un quadro desolante di lotte di potere e fra correnti, è un Pd che ormai ha perso la visione e la bussola…». Come a dire, se proprio questa bussola non la trovate, c’è sempre il M5S.
I militanti, in effetti, sembrano disorientati, se è vero che nella provincia di Torino hanno votato soltanto 683 iscritti. Un po’ pochini, considerato che il primo cittadino è il democratico Stefano Lorusso e che proprio da Torino, con il celebre discorso del Lingotto, Walter Veltroni diede vita al Pd. E forse è proprio questo il punto, o almeno così spiegano i più critici con le ultime gestione del partito. Un partito che non ha saputo rinnovarsi rispetto a quindici anni fa e che si ritrova ora stretto tra il populismo grillino e la spinta centrista di Renzi e Calenda.
«Il Pd sarà un partito che raccoglierà, con Bonaccini, le istanze di una certa area politica- economica- sociale e con Schlein umori di altra area - ha detto ieri il presidente dell Toscana, Eugenio Giani, che sostiene Bonaccini - il tutto per sintetizzare, attraverso il confronto, una politica comune che rilanci il Pd sia a livello regionale che nazionale». A chi vincerà il Congresso l’arduo compito, prima di allargare il campo a nuovi elettori, di riconquistare i propri.