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Onorevole Verini, Zingaretti ha ribadito a Mattarella un nome: quello di Giuseppe Conte. Il partito è unito dietro la linea del segretario o si può parlare di altro?
Il partito è unito come ha dimostrato il voto unanime della direzione che ha dato credito all’idea del Conte ter. È un’unità reale sia perché pensiamo che questo sia lo sbocco più utile al paese sia perché partiamo già da un dato: la maggioranza che sostiene il Conte ter può contare sulla maggioranza assoluta alla Camera e su quella relativa al Senato. Una base non sufficiente numericamente e politicamente, ma buona come base per una maggioranza solida, autorevole e in grado di allargarsi.
Avete parlato di Conte come l’uomo giusto per (testuale) «un nuovo governo di cambiamento». Lo stesso Conte che firmò il “contratto per un governo di cambiamento” tra Lega e M5s. Non è una contraddizione?
Non credo, perché questo problema si era già posto e risolto già dopo il Papeete, quando il discorso di Conte in Parlamento con Salvini accanto segnò in maniera forte e chiara la cesura con le pulsioni e i comportamenti di una destra sovranista e antieuropeista. Da allora abbiamo ricollocato l’Italia in una prospettiva europeista netta e abbiamo lavorato per gestire la pandemia. Abbiamo ottenuto i finanziamenti del Recovery Plan grazie a Gentiloni, Sassoli, Amendola e Gualtieri, allo stesso Conte, e si è passati da un “contratto” a un accordo di programma, tra l’altro cancellando i decreti sicurezza. E ora un nuovo governo Conte dovrà stringere un accordo forte di legislatura, che dia risposte alle emergenze sanitarie e sociali e al futuro dell’Italia
Siete disponibile ad accogliere di nuovo i renziani in maggioranza?
Non mettiamo veti in queste ore. Il Pd è andato al Colle con una linea molto chiara e trasparente. Poniamo il problema di dar vita il più presto possibile a un Conte ter e ci auguriamo che siano altri a non mettere veti, in particolare vorremmo sentire parole univoche da Renzi. Ha aperto una crisi al buio grave e incomprensibile e se non si ricompone il governo Conte con una maggioranza solida e ampia il rischio di elezioni anticipate è molto presente.
Il dialogo tra Conte e Renzi è ancora possibile?
Ettore Rosato di Italia Viva prima della crisi disse che sarebbero bastate due ore per risolvere le cose sedendosi attorno a un tavolo. Allora io mi chiedo: perché invece di sedersi a un tavolo hanno fatto dimettere le ministre? Se è vero che non hanno veti lo dimostrino, abbiamo già perso troppo tempo.
Un’altra via d’uscita potrebbe essere un governo istituzionale, magari guidato da una donna. Che ne pensa?
Al di là dei nomi, che sono quasi tutti più o meno rispettabili, il tema è capire quale alleanza può garantire maggiore stabilità. La figura di Conte è il punto di equilibrio più avanzato, perché non è possibile stringere alleanze con Salvini e Meloni, antieuropeisti. Non ci sono i numeri per governi diversi da quelli basati sull’alleanza tra Pd e M5S con altre forze europeiste.
Contrari o favorevoli alle larghe intese?
Una maggioranza solida e allargata che parta da un asse inevitabile e logico tra Pd e M5S ha un punto di caduta che si chiama Giuseppe Conte. È attorno a questo che si possono auspicabilmente creare allargamenti di maggioranza. Non vogliamo più forze che con il 2 per cento svolgano ruoli con potere di interdizione o di blocco. Chi sta in maggioranza non può dire “o si fa come dico io o mi dimetto”. Ci vuole fatica, pazienza e responsabilità verso il paese.