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LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI
Giorgia la premier sceglie di fare la finta tonta: non sarà una gran figura ma a volte è la via d'uscita migliore. Alza il telefono, chiama il Capo dello Stato, lo ringrazia, gli fa gli auguri, esprime l'apprezzamento suo personale e dell'intero governo per il messaggio di fine anno e in particolare per «il richiamo del presidente al valore fondamentale del patriottismo». Quel richiamo c'era ed è stato uno dei più insistiti nel discorso pronunciato da Mattarella, in piedi, nell'arco di 15 minuti. Ma non si tratta dello stesso patriottismo sbandierato a ogni occasione dalla destra e dalla sua leader. E' invece «quello di chi, con origini in altri Paesi, ama l’Italia, ne fa propri i valori costituzionali e le leggi, ne vive appieno la quotidianità, e con il suo lavoro e con la sua sensibilità ne diventa parte e contribuisce ad arricchire la nostra comunità. È fondamentale creare percorsi di integrazione e di reciproca». Ed è quello dei medici che se la devono cavare «in condizioni difficile e talvolta rischiose», degli imprenditori che mostrano «responsabilità sociale e attenzione alla sicurezza», di insegnanti e studenti, del 'volontariato'. Della società civile, perno dell'intero messaggio: non solo perché o cittadini comuni ne sono destinatari ma perché soprattutto in loro, in tutta evidenza, il presidente ripone le proprie speranze. Il decimo messaggio di fine anno, record assoluto, rivolto da Sergio Mattarella agli italiani.
E' stato un modello magistrale di abilità politica. Il presidente non ha pronunciato una sola parola che potesse suonare come critica esplicita al governo o all'intera classe politica. Lo aveva già fatto nel discorso ai vertici istituzionali e in quello agli ambasciatori. Nell'ultimo giorno del 2024 era deciso a evitare polemiche esplicite e facili. In compenso ha elencato uno per uno tutti i guasti del Paese, ha citato tutto quel che nella società italiana non va e il cahier des dolèances era tanto fitto da costringerlo a procedere a passo di carica, spesso telegraficamente. Mattarella non ha risparmiato stilettate magari poco vistose e probabilmente volutamente non troppo evidenti ma molto acuminate. Si è soffermato sulle carceri un po' più che sui numerosi altri capitoli della serie nera.
Ha sottolineato «il dovere di osservare la Costituzione che indica norme imprescindibili sulla detenzione in carcere». Ma soprattutto ha sferrato un attacco tanto discreto quanto nella sostanza poderoso: «I detenuti devono poter respirare un'aria diversa da quella che lo ha condotti all'illegalità e al crimine». Quell'accenno al ' respiro' è un rinvio preciso e molto polemico alla nota battuta del viceministro della Giustizia Delmastro: «E' una gioia per me vedere che non lasciamo respirare chi sta dietro il vetro oscurato delle auto della Penitenziaria». Ma le parole del presidente vanno molto oltre la critica definitiva alle gioie sadiche del viceministro. Smantellano un'intera concezione della giustizia e delle radici dei comportamenti che traspare ogni volta che gli esponenti della destra affrontano l'argomento e nelle loro leggi.
Il presidente non dimentica l'assurdità che vede la spesa mondiale per le armi lievitata sino a otto volte quella stanziata dalla Cop 29 di Baku per contrastare il cambiamento climatico. E' un discorso che riguarda anche l'Italia, che di quella spesa partecipa e maggiormente dovrà partecipare nei prossimi anni. Ma qui il j'accuse del presidente morde fino a un certo punto perché se c'è un fronte sul quale tra lui e la premier l'assonanza è piena è la guerra in Ucraina. «Mai come adesso la pace grida la sua urgenza», dice proprio all'inizio del suo discorso. Ma se la pace fosse «sottomettersi alla prepotenza di chi aggredisce altri Paesi con le armi» non eviterebbe «che vengano aggrediti altri Paesi d'Europa». Dunque la guerra contro Putin deve continuare e la spesa per le armi continuare a lievitare, come lo stesso presidente ammette indicando proprio nell'aggressione di Putin la causa della crescita della spesa per le armi «che costringe anche noi a provvedere alla nostra difesa».
Alla destra Mattarella riserva un altro colpo, proprio nella conclusione del messaggio: «È fondamento della Repubblica e presupposto della Costituzione, che hanno consentito all’Italia di riallacciare i fili della sua storia e della sua unità. Una ricorrenza importante. Reca con sé il richiamo alla liberazione da tutto ciò che ostacola libertà, democrazia, dedizione all’Italia, dignità di ciascuno, lavoro, giustizia». Ma non bisogna pensare che il presidente volesse prendere di mira solo la destra al governo. Il discorso di due giorni fa va letto a fianco di quello ai vertici istituzionali. Lì si era rivolto alla politica e ne aveva denunciato impietosamente vizi e limiti.
Qui parla della e alla società civile e il suo è quasi un appello perché, guidata da stelle polari come il 'rispetto' e il 'bene comune' indirizzi la società italiana nella direzione che la politica non riesce a prendere. C'era un passaggio particolarmente delicato che Mattarella non poteva omettere: il caso della giornalista prigioniera in Iran Cecila Sala. Ha scelto la massima cautela: «Le stiamo vicini in attesa di rivederla al più presto in Italia». Non è reticenza ma la cautela responsabile di chi sa quanto, in questo momento, sia necessario pesare ogni parola per evitare di rendere la situazione ancora più difficile.